mercoledì 17 febbraio 2021
Ne avevamo parlato su queste colonne in ottobre alla presentazione del prototipo. Ora anche i media hanno scoperto la "bottiglia di carta" (paper bottle) di Coca-Cola, che in realtà è stata inventata da Paboco (Paper Bottle Company), la joint-venture costituita due anni fa dal produttore austriaco di imballaggi Alpla e il fornitore svedese di soluzioni in carta per il packaging BillerudKorsnäs.
La notizia è tornata fresca perché il colosso di Atlanta ha annunciato in questi giorni di voler iniziare la sperimentazione del nuovo contenitore in Ungheria, con gran tripudio del popolo 'plastic free', soprattutto italiano.
Basta però leggere tra le righe dei comunicati ufficiali - senza violare alcun segreto industriale - per rendersi conto che la plastica c'è e non potrebbe essere altrimenti: per rendere impermeabile la bottiglia a liquidi e ossigeno la carta - o, in altri casi, la fibra di legno - deve essere rivestita con uno strato di materiale barriera. Prudentemente, Coca-Cola afferma che in futuro questo strato sarà in biopolimero (si suppone compostabile), mentre oggi è più prosaicamente in "plastica riciclabile", ovvero PET.
É lecito chiedersi cosa possa spingere un eco-designer a sostituire un materiale riciclabile e ampiamente riciclato - anzi il più riciclato da packaging - con una struttura multimateriale composta da carta, PET e polietilene (anche la chiusura è per forza di cose in plastica), che inevitabilmente - almeno in Italia - è destinata a finire nel sacco dell'indifferenziato, rientrando nella fascia CAC più onerosa per poi finire la sua vita sotto un tumulo di terra o in un forno crematorio.
Se il PET già da solo vanta una LCA favorevole rispetto al vetro e - molto probabilmente - anche alla carta in questo tipo di imballaggio, ci si può forse attendere che migliori il suo impatto ambientale una volta accoppiato con la nobile cellulosa?
Pare, piuttosto, un goffo tentativo di nascondere la plastica dentro un involucro di carta, che - chissà poi perché - viene percepita come intrinsecamente più sostenibile, più naturale: un maquillage che ha l'unico effetto di peggiorare le performance ambientali dell'insieme, rendendo non riciclabile ciò che lo sarebbe.