mercoledì 16 giugno 2021
Mi sembra che ultimamente una certa 'nebbia cognitiva' aleggi intorno alla Direttiva SUP, anche se non capisco quanto lo sia per fato, per distrazione o per volontà.
Il testo della Direttiva UE 2019/904 sugli articoli monouso (Direttiva SUP) che - lo ricordiamo - entrerà in vigore il prossimo 3 luglio - è noto da due anni e già in fase di pubblicazione aveva suscitato non poche polemiche. Se ne torna a parlare nel nostro paese sostanzialmente a seguito di due fatti: è in fase di pubblicazione la legge di recepimento italiana della Direttiva (leggi articolo), dopo l'approvazione di quella di delegazione da parte del Parlamento, e sono state rese note le linee guida della Commissione europea (leggi articolo), volte a orientare gli stati membri in merito a una applicazione armonizzata delle norme.
Cosa ci sarà mai da discutere a due anni dall'approvazione del testo comunitario? Qualcosa c'è: il Governo italiano ha deciso di introdurre due varianti rispetto al testo originario della direttiva, o meglio, una modifica e mezzo.
La principale è la possibilità di utilizzare bioplastiche compostabili, ove non vi siano alternative riutilizzabili, per gli articoli monouso oggetto di restrizioni all'immissione sul mercato: stoviglie e posate, bastoncini cotonati, cannucce, agitatori per bevande, aste per palloncini, alcune tipologi di contenitori in polistirene spanso.
Si legge infatti nella bozza: "Ove non sia possibile l'uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti elencati nella parte B dell'allegato, è consentita l'immissione nel mercato dei prodotti qualora realizzati in plastica biodegradabile e compostabile certificata conforme allo standard europeo della norma UNI EN 13432 e con percentuali di materia prima rinnovabile superiori al 50%".
Nelle linee guida della Commissione europea - in particolare nelle FAQ (leggi originale) - si afferma invece che le bioplastiche sono equiparate alle plastiche convenzionali - a meno che non si tratti di "polimeri naturali non modificati " - in quanto "non sono disponibili standard tecnici ampiamente condivisi per certificare che uno specifico prodotto plastico sia biodegradabile in ambiente marino in un breve lasso di tempo e senza causare danni all'ambiente".
In sostanza, afferma la Commissione, se non si dimostra che l'articolo monouso che può finire accidentalmente in mare là si biodegrada in tempi accettabili e senza rilasciare sostanze pericolose, non si vede perché debba essere trattato in modo diverso da quello realizzato in plastica convenzionale. E se vi saranno progressi in questo campo - continua la nota - è prevista una revisione della direttiva nel 2027, dopo una "valutazione del progresso scientifico e tecnico riguardante i criteri, oppure uno standard per la biodegradabilità in ambiente marino applicabile ai prodotti di plastica monouso".
Tutto chiaro, quindi? No, perché nelle stesse FAQ si legge anche: "nel contesto del nuovo piano d'azione per l'economia circolare (Circular Economy Action Plan) la Commissione prevede di sviluppare, già nel 2022, un quadro di riferimento sull'uso della plastica biodegradabile o compostabile, basato su una valutazione delle applicazioni in cui tale uso può essere vantaggioso per l'ambiente, e del criteri per tali applicazioni".
Qualcuno ha letto questa seconda affermazione come una possibile apertura alle bioplastiche compostabili già nel 2022, come dire: andiamo avanti per la nostra strada e aspettiamo che la Commissione UE, nell'arco di qualche mese, cambi idea, come già avvenuto per i bioshopper.
In realtà, mi sembra di capire che la Commissione voglia piuttosto chiarire il quadro tecnico normativo sulle bioplastiche l'anno prossimo, ma per un'eventuale deroga al divieto sui monouso il termine rimanga comunque il 2027 e solo se vi saranno polimeri in grado di non nuocere all'ambiente marino. Due cose distinte, quindi.
Quando si parla di un accordo tra il Governo italiano e la Commissione europea, il tema non sembrano essere le bioplastiche (lì non c'è nulla da accordarsi), quanto i meccanismi di contabilizzazione dei consumi di una particolare categoria di prodotti, per i quali vanno fissati obiettivi di riduzione: tazze e bicchieri in carta rivestiti internamente con un coating polimerico. La Commissione sembra infatti disposta - e qui si riscontra la flebile l'ombra di un accordo - a tener contro del fatto che il calcolo avvenga sulla sola quota di plastica presente nella tazza e non sulla frazione cellulosica, che non ricade nell'ambito di applicazione della direttiva.
Se nel mio ragionamento trovate qualche falla, vi prego illuminatemi...
P.S. Anticipiamo una polemica dei prossimi giorni. Quando il 4 luglio i reporter di giornali e TV andranno a controllare la presenza sugli scaffali dei monouso in plastica messi al bando, probabilmente ne troveranno. Si possono infatti continuare a vendere i prodotti immessi sul mercato prima del 3 luglio 2021 e quindi già presenti nei magazzini di produttori, grossisti, distributori e negozianti.