21 febbraio 2016 07:10
Per i sindacati, l’adesione allo sciopero di venerdì scorso negli impianti ENI contro la vendita di Versalis ha superato il 90%, mentre per il gruppo milanese non è andata oltre il 35%.
Numeri a parte, le parti restano ferme sulle posizioni iniziali.
SI VA AVANTI A TRATTARE. ENI conferma l’intenzione di procedere nelle trattative con il fondo newyorkese SK Capital Partners per venedere una quota di Versalis, pur confermando il suo impegno nella chimica italiana. Impegno che - ribadisce il cane a sei zampe in una nota - prevede il mantenimento di una partecipazione significativa in Versalis, “a garanzia della concreta realizzazione degli obiettivi già definiti nei precedenti incontri istituzionali: la conferma del piano di investimenti, il mantenimento del perimetro industriale per almeno cinque anni, il mantenimento dei livelli occupazionali per almeno tre anni e la conferma della società italiana con sede in Italia".
L’obiettivo è completare il piano di trasformazione di Versalis, “che ha consentito di riportare il comparto di business, in forte perdita da anni, a registrare risultati positivi già a partire dai primi 9 mesi del 2015".
IL NO DEI SINDACATI. La posizione dei sindacati è fortmente contraria all’operazione: non piace il partner americano, giudicato inadeguato, a cui si preferirebbe un intervento diretto della Cassa Depositi e Prestiti.
“Per il bene del Paese, Eni deve restare italiana - sottolineano i segretari dei sindacati dei chimici Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, Emilio Miceli, Angelo Colombini, Paolo Pirani -. Il disegno del Gruppo resta sostanzialmente quello prospettato nel 2015: consolidare ed estendere le proprie attività di 'core business' fuori dall'Italia ridimensionando il perimetro delle attività domestiche, a partire dalla dismissione della chimica e di Gela, dalla progressiva riduzione della capacità di raffinazione, alla cessione di Saipem e Gas Power, veri e propri gioielli dell'industria italiana. In questo modo Eni presenta interamente il conto della caduta del prezzo del greggio solo al proprio Paese".
Per i sindacati c'è "una sottovalutazione politica, quando non superficialità, dell'impatto delle decisioni Eni sul Paese" con il rischio di un "corto circuito" per l'occupazione, l'innovazione, la ricerca".
NON SVENDERE LA CHIMICA. “Non si può svendere un pezzo fondamentale della storia industriale di questo paese, ENI non può trasformarsi in una società di compravendita di petrolio e di perdere le basi industriali italiane - rincara la dose il segretario della Uiltec, Paolo Pirani dal palco della manifestazione indetta a Roma per protestare contro il progetto di vendita di Versalis - anche perché risulta poco chiara la strategia dell’azienda che un anno fa voleva vendere gli stabilimenti della raffinazione, mentre oggi con uno scenario del prezzo del petrolio differente vuole vedere gli stabilimenti della chimica e domani chissà”.
“Non è pensabile cedere i quattro centri ricerca, tra cui il Donegani, quello in cui fu inventato il Moplen, dove fu dato il premio Nobel per la chimica, centri che hanno caratterizzato l’Italia per l’eccellenza e la qualità nel mondo della ricerca; e poi non ci si lamenti se i nostri cervelli sono costretti ad emigrare all’estero”, ha aggiunto il sindacalista
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