3 aprile 2025 08:52
Alla fine sono arrivati. I dazi reciproci annunciati dall'amministrazione Trump colpiscono oltre cento paesi, ma non nella stessa misura.
A partire dal prossimo 5 aprile, una tariffa del 10% verrà applicata a quasi tutte le importazioni negli Stati Uniti e per alcuni paesi non vi saranno ulteriori conseguenze; tra questi figurano Regno Unito, Singapore, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Turchia, Colombia, Argentina, El Salvador, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.
C'è poi un'ulteriore soglia, fissata da Trump al 20%, che scatterà il 9 aprile, riservata ai paesi che secondo l'amministrazione USA applicano dazi o strumenti ad essi paragonabili alle merci americane. In questa lista dei cattivi - ma non dei cattivissimi - ci sono tutti i paesi dell'Unione Europea, Italia compresa.
Alcuni paesi vengono trattati anche peggio: i prodotti cinesi dovranno fare i conti con una tariffa del 54%, quelli cambogiani del 49% e i vietnamiti del 46%. Poi, giù a scalare: Thailandia 36%, Giappone 24%, Sudafrica 30%, Taiwan 32% e Sudafrica 30%.
Da questa tornata di dazi, sono esclusi Canada e Messico, già oggetto di provvedimenti. Fa caso a sé il settore automotive, soggetto già da oggi a un dazio settoriale pari al 25%.
Tra le prime associazioni del nostro settore a commentare la decisione di Trump è la statunitense Plastics, che già nei mesi scorsi aveva criticato - senza però attaccare direttamente il Presidente USA - l'utilizzo di misure tariffarie indiscriminate (leggi articolo).
Confermando il sostegno all'amministrazione Trump e all'obiettivo di sostenere l'industria americana, il presidente di Plastics, Matt Seaholm, ha ribadito il rischio che i dazi possano interrompere le catene di approvvigionamento della manifattura USA, aumentando i costi di produzione e indebolendo, nel complesso, la competitività delle imprese manifatturiere.
"Invece di introdurre dazi generalizzati che danneggeranno i produttori americani e soffocheranno la crescita, invitiamo l’amministrazione a considerare politiche più mirate, che tengano conto delle filiere produttive, incentivino gli investimenti e sostengano la crescita del manifatturiero statunitense", afferma in una nota.
Anche l'Unione Europea si prepara a rispondere a quella che molti considerano un'aggressione commerciale. Bernd Lange, presidente della Commissione per il Commercio Internazionale del Parlamento europeo, è caustico: "Se per il presidente Trump oggi può essere il 'Giorno della Liberazione', per un cittadino comune è senz’altro il 'Giorno dell’Inflazione' - ha dichiarato -. Queste misure ingiustificate, illegali e sproporzionate non possono che alimentare una spirale al ribasso fatta di dazi a catena e rallentamento economico, tanto per gli Stati Uniti quanto per il resto del mondo. Con questa decisione, saranno i consumatori americani a portare il peso maggiore di questa guerra commerciale".
Pronta a trattare per evitare le gravi conseguenze sull'economia mondiale è invece la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ma nel caso anche a rispondere, invitando i paesi membri a restare uniti. "Abbiamo quasi completato un primo pacchetto di contromisure in risposta ai dazi sull’acciaio - ha affermato a caldo, dopo l'annuncio delle misure statunitensi -. Stiamo già preparando ulteriori azioni per proteggere i nostri interessi e le nostre imprese, qualora i negoziati dovessero fallire. Vigileremo attentamente anche sugli effetti indiretti di questi dazi, perché non possiamo assorbire l’eccesso di capacità produttiva mondiale né accettare pratiche di dumping sul nostro mercato".
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