Letitia James (nella foto),
procuratrice generale dello stato di
New York, ha citato in
giudizio il produttore di bevande e snack
PepsiCo con l'accusa di aver contribuito all'
inquinamento del fiume
Buffalo con la plastica di bottiglie, chiusure e imballaggi flessibili contenenti i suoi prodotti.
Non per averlo fatto deliberatamente, ma per
non aver avvertito i consumatori sui potenziali rischi di inquinamento e per aver
ingannato il pubblico riguardo ai suoi sforzi per
combattere l’inquinamento da plastica.
Il fatto che siano i
cittadini maleducati o disattenti ad abbandonare i rifiuti nell'ambiente, o un'insufficiente sistema di
raccolta rifiuti ad evitarlo, sembra non essere rilevante per la procuratrice.
L'accusa più grave contenuta nell'atto è di aver
contaminato anche l'
acqua potabile - a causa della frammentazione dei packaging in
micro e
nano plastiche -, con effetti sulla
salute dell'uomo e dell'ecosistema ittico, ma vengono indicati, tra gli altri effetti, anche la deturpazione estetica del fiume e delle sue sponde.
L'obiettivo della causa - spiega l'ufficio del procuratore in una nota - è di metter fine alle "pratiche che minacciano l’ambiente e il pubblico", anche
vietando nella regione la vendita di prodotti in confezionati con
imballaggi monouso privi di
avvertenze adeguate sui rischi di inquinamento, oltre a ottenere un
risarcimento dei danni.
Nel corso di un'
indagine preliminare condotta dall'ufficio del procuratore nel 2022, i rifiuti prodotti dalla multinazionale americana erano risultati nettamente prevalenti tra quelli in plastica, tre volte superiori ai rifiuti del secondo contributore, McDonald’s.
Pepsi ha
respinto le accuse e in una nota ha ribadito di essersi comportata seriamente riguardo alla riduzione dei packaging in plastica e al loro riciclo. A questo scopo, la società ha varato Il programma
pep+ (PepsiCo Positive), che punta a
ridurre del
50%, entro il
2030, i consumi di
plastica vergine da fonte non rinnovabile utilizzata nell'imballaggio dei suoi prodotti.
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