L’Assemblea di Federchimica guarda al futuro e si lascia la crisi alle spalle.
24 giugno 2014 06:42
“La chimica vuole tornare a volare alto - ha dichiarato ieri Cesare Puccioni all’Assemblea di Federchimica, dopo la sua rielezione alla presidenza -, ma non riesce a liberarsi dai pesi che gli hanno messo sotto le ali”. O peggio, come ha ricordato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, presente ai lavori: “In Italia il sabotaggio della crescita appare sistematico e va rimediato, se vogliamo ritrovare la crescita”.
I lacci sono molti: elevati costi dell’energia, una burocrazia asfissiante, carenze infrastrutturali e regolamenti a livello europeo che minano la competitività sui mercati globali.
Eppure, le premesse per una solida ripresa dell’industria chimica non mancano: corre la domanda mondiale, che registra un +4,8% nei primi mesi del 2014, l’Europa sembra finalmente uscita dalla stagnazione (+2,8% in volume) e l’Italia sembra addirittura far meglio: nel primo quadrimestre la produzione chimica nazionale mette a segno un rialzo del +2,9%, superiore alla media dell’industria nel suo complesso (+1,6%). E si iniziano a cogliere anche i primi spunti di crescita sul mercato interno (+1% in volume), anche se il ritmo resta lento e non mostra segnali di accelerazione nei prossimi mesi.
Positivo l’andamento, nei primi quattro mesi dell’anno, delle esportazioni, cresciute del 4% in volume e del 1,5% in valore. Anche grazie alla ricostruzione delle scorte, la chimica in Italia dovrebbe chiudere l’anno con una crescita del 2%, recuperando la flessione del -1,8% dell’anno scorso.
Ciò che preoccupa gli industriali chimici sono le condizioni di contorno: “la Chimica è uno dei settori – se non il settore – dove la competitività dipende di più proprio dalle condizioni esterne delle imprese - ha ricordato Puccioni -. Come fa la chimica in Italia a non morire, a non essere già stata distrutta da norme assurde, burocrazia insensibile, energia costosa e via dicendo?”
Il ‘cahiers de doleance’ è lungo, a partire dai tempi lunghi della burocrazia: “Non possiamo continuare ad avere regole uguali agli altri Paesi, ma applicate in modo diverso e inutilmente più penalizzanti - si lamenta Puccioni -. Non possiamo avere tempi di risposta esageratamente lunghi. Non possiamo essere trattati come nemici della legge, anche quando la rispettiamo”. Chiarendo che l’industria non chiede l’assenza di regole, ma una regolamentazione “semplice, chiara e stabile e un’amministrazione al servizio delle imprese e non contro di esse”.
Altri fattori di debolezza del sistema paese sono le infrastrutture, a cominciare dalla logistica, “che incide ogni anno per oltre 5 miliardi di euro sul conto economico delle imprese chimiche, che movimentano quasi 38 milioni di tonnellate ogni anno di sostanze e prodotti chimici, di cui il 58% sono classificati come Pericolosi”.
C’è poi il costo dell’energia, considerato da Puccioni “il più grave fattore di chiusura e delocalizzazione degli impianti chimici: nessuna industria energivora come quella chimica può sostenere un divario medio di costo del 30%”. “Con la crisi - ha aggiunto - ogni divario di costo si scarica su una marginalità in molti casi già compressa. Lo shale gas ha rivoluzionato lo scenario energetico, generando un significativo svantaggio di costo per l’Europa".
Il Presidente di Federchimica se la prende anche con il Sistri, “sconosciuto in tutti gli altri Paesi europei”. “ In 5 anni 24 provvedimenti legislativi con innumerevoli modifiche, 7 rinvii e il sistema non è ancora pienamente funzionante”, ha ricordato. Il sistema va quindi "semplificato e corretto per essere reso applicabile, senza oneri aggiuntivi per le imprese".
Un altro freno viene dall’Europa, dove le regolamentazioni non sempre giocano a favore delle imprese: “Quando, ad esempio, guardo a cosa il Reach ha comportato per le imprese chimiche italiane ed europee, c’è da rabbrividire - ha affermato -. Costi elevati e procedure davvero complesse per la gestione. Questi elementi negativi sono sotto gli occhi dei nostri competitori extra-europei che di norme di questo genere proprio non ne vogliono nemmeno sentir parlare”.
"Salute, sicurezza e protezione dell' ambiente - ha proseguito Puccioni - sono garantite da più di 1.900 normative a livello europeo e dall'impegno profuso dalle imprese chimiche per rispettare le norme: basti pensare che oggi l’operato di 3 nostri ricercatori su 10 è assorbito dall’attività di regolamentazione ”.
Sul fronte delle relazioni industriali, Puccioni ha confermato il clima disteso in fabbrica: “Abbiamo bisogno di un sindacato forte e unitario perché solo attori sociali forti possono svolgere bene e utilmente il loro delicato compito di rappresentanza collettiva - ha dichiarato nella sua relazione -. Noi ci crediamo, nel nostro settore abbiamo sempre considerato il sistema di Relazioni Industriali un fattore di competitività e in questo sistema il ruolo svolto dal contratto collettivo è stato e riteniamo possa ancora essere decisivo. Dobbiamo però renderlo uno strumento ancor più moderno e incisivo, dobbiamo semplificarlo puntando sulla qualità dei suoi contenuti e sulla loro effettiva esigibilità”.
All’assemblea di Federchimica hanno preso parte anche Antonio Tajani Vicepresidente della Commissione europea e Commissario per l’industria e l’imprenditoria, Maurizio Lupi Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Maroni Presidente della Regione Lombardia e Alberto Quadrio Curzio Vicepresidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
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