Una ricerca coordinata dal CNR studia trattamenti preventivi e cure per il degrado delle lampade di design.
6 giugno 2012 06:11
Utilizzando una avanzata tecnica a infrarosso, un gruppo di ricerca internazionale guidato dal CNR sta studiando all’ESRF di Grenoble alcuni modelli di lampade realizzate in materiale polimerico esposte presso il Museo del design della Triennale di Milano, con l'obiettivo di mettere a punto un trattamento preventivo o curativo per preservarle dal degrado.
Come noto, le plastiche e le fibre sintetiche sono soggette ad un lento degrado nel tempo quando sottoposte all'effetto combinato di luce solare, calore e sollecitazioni meccaniche. Una perdita di caratteristiche meccaniche ed estetiche che, se negli oggetti di uso quotidiano è difficilmente percepibile, essendo la vita utile generalmente molto breve, assume importanza quando si tratta di opere d'arte o manufatti di pregio. E' questo il caso delle famose lampade Taraxacum e Fantasma degli anni ’60, oggetti pregiati per collezionisti e musei, progettati da rinomati designer come Achille e Pier Giacomo Castiglioni.
Il polivinilacetato (PVA) additivato con DBP e altri ftalati utilizzato per realizzare questi oggetti, commercializzato con il marchio Cocoon (bozzolo), è applicato a spruzzo, in forma di microfilamenti, su una struttura di metallo; si forma così una sorta di ragnatela - un bozzolo, appunto - che forma una membrana impermeabile. Per la sua capacità di diffondere una luce gradevole e naturale è stato utilizzato in passato dai designer italiani per realizzare lampade di ogni forma e dimensione (qui un approfondimento). Il materiale era stato sviluppato originariamente per proteggere i mezzi militari in disuso dalle intemperie; oggi, con lo stesso marchio, ma con una composizione diversa, viene commercializzato da Andek.
Il team di ricercatori coordinato da Austin Nevin dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (IFN-CNR) si è recato nei laboratori dell'European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) di Grenoble per individuare le cause del degrado; progetto che ha visto impegnato anche il Laboratorio 'Giulio Natta' del Politecnico di Milano, guidato da Lucia Toniolo, responsabile del gruppo di ricerca Midar, per lo studio dei materiali e delle superfici del patrimonio culturale.
“La causa del degrado è nella composizione chimica di questi oggetti, che integra le lunghe molecole dei polimeri con additivi che conferiscono al materiale le proprietà desiderate: plasticità, lavorabilità, colore, resistenza alla temperatura - spiega Austin Nevin -. Quando i legami chimici tra i vari componenti si spezzano e gli additivi migrano e si allontanano, il materiale perde tali proprietà". "All’Esrf - aggiunge -, abbiamo utilizzato fasci molto intensi di luce all’infrarosso, la migliore per studiare le trasformazioni chimiche nei polimeri. I raggi impiegati per entrare nel sottilissimo e superficiale strato di polimero sono mille volte più sottili di un capello umano e rendono possibili l’identificazione delle trasformazioni chimiche e la mappatura dettagliata dei fenomeni del degrado”.
I ricercatori hanno appena terminato un run continuativo di 96 ore all’Esrf: “Ci vorrà ancora del tempo, ma, una volta evidenziata l’origine della decomposizione del polimero, sarà possibile sviluppare trattamenti chimici per la conservazione degli oggetti”, conclude Nevin. Anche questi trattamenti verranno verificati all’Esrf, un centro di ricerca internazionale finanziato da 19 Paesi, compresa l’Italia (15%), di cui fa parte anche il CNR. Il sincrotrone utilizza la sorgente di raggi X più intensa al mondo: 41 stazioni sperimentali vengono utilizzate annualmente per 1.500 progetti scientifici, principalmente nei settori dei materiali avanzati, ambiente, energia, salute.
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