martedì 9 gennaio 2018
Dal mio ultimo intervento in questo spazio sul provvedimento che norma l'utilizzo dei nuovi sacchetti ultraleggeri sono stata in procinto di tornare sul tema più volte.
Ho sempre desistito perché ogni volta si verificava un nuovo colpo di scena che mi suggeriva di aspettare ancora un po' per vedere cosa sarebbe successo.
Soprattutto a partire dei primi giorni dell'anno, quando le persone hanno toccato con mano gli effetti del provvedimento, è stato evidente che i timori espressi come "associazione comuni virtuosi" alcuni mesi fa avevano un reale fondamento.
Infatti l'obbligo di pagare per un sacchetto che era sempre stato “apparentemente” gratuito senza avere a disposizione delle alternative per ridurne o prevenirne l'uso ha scatenato l'ira dei più, e non solamente per una mera questione economica.
Chi infatti va avanti a ritenere che all'origine della protesta ci sia stata solamente la volontà di risparmiare pochi centesimi a sacchetto offre un'interpretazione riduttiva della questione.
In realtà, il punto è un altro, come hanno convenuto anche altri osservatori della vicenda oltre alla sottoscritta e riguarda più in generale il modo in cui questo provvedimento è stato comunicato ai cittadini e applicato.
La comunicazione a sostegno del provvedimento, infatti, già piuttosto debole se non inesistente, ha perso i pezzi via via che sono venute meno le argomentazioni su cui si fondava.
Una volta caduta la giustificazione più sbandierata del “ce lo chiede l'Europa”, la comunicazione aveva già perso una buona dose di credibilità.
Non è andata meglio con la motivazione di ordine ambientale: avrebbe dovuto compensare le falle aperte dal venir meno delle basi politiche , ma, non si è dimostrata comprensibile o convincente per l'uomo comune. Il buon senso suggerisce infatti che l'ambiente ci guadagni quando si riduce l'imballaggio, non quando si cambia solamente il materiale, anche se meno impattante.
Anche qualora utilizzabili per contenere l'organico, il numero di sacchetti che le famiglie rischiano di prendere oscilla dalle 3 alle 4 volte in più della quantità necessaria, considerando sia le shopper prese alle casse che i sacchetti ultraleggeri.
Un intervento a favore dell'ambiente richiederebbe, a mio avviso, un approccio unico verso tutti i materiali usa e getta e gli imballaggi, perché altrimenti le persone non ne comprendono la logica.
Per sgombrare poi il campo da ombre e sospetti un provvedimento che vuole mettere in evidenza i costi dell'imballaggio, come si è sentito dire, dovrebbe interessare, e a maggior ragione, tutti i materiali da imballaggio.
Con l'iniziativa “Mettila in Rete” lanciata oltre sette anni fa, di cui ho parlato nel precedente post, avevamo suggerito alla GDO di procedere in modo graduale per garantire un cambiamento "indolore". Secondo la nostra proposta, il primo passo avrebbe dovuto essere mettere a disposizione dei clienti un'opzione di sacchetto riutilizzabile a loro scelta.
Questa possibilità alternativa al monouso, affiancata da una comunicazione che ne spiegasse le finalità ambientali, avrebbe potuto essere incentivata per spingerne una più rapida adozione dell'abitudine. Ad esempio attraverso piccoli sconti offerti ad ogni utilizzo del sacchetto per un certo periodo promozionale e/o tramite un accredito di punti fedeltà, come sperimentato da un'insegna del gruppo Gabrielli a Spoleto. Successivamente si sarebbe potuto passare alla disincentivazione economica di tutti gli shopper monouso senza andare incontro a particolari traumi.
Purtroppo nel nostro paese il coinvolgimento e la partecipazione dei portatori di interesse nei processi decisionali ad interesse pubblico, così come nei preliminari che sottintendono alla scrittura delle proposte di legge, non sono una prassi consolidata come in altri paesi. O meglio,in questo caso parrebbe che fossero stati sentiti alcuni portatori di interesse all'ultimo momento, ma senza recepirne lo scontento o le indicazioni.
Negli ultimi giorni ha preso sempre più piede un prevedibile passaggio da parte della GDO dai sacchetti in plastica ai sacchetti in carta con finestra in PLA che vengono offerti gratuitamente, e non solo nel reparto ortofrutta. Alcune insegne come NaturaSì hanno annunciato sui loro profili social che presto metteranno a disposizione una soluzione riutilizzabile in alcuni punti vendita accanto ai sacchetti in carta.
Anche Coop ha fatto sapere di avere l'intenzione di sviluppare una soluzione riutilizzabile per il settore ortofrutta, come si può leggere sulla sua rivista Consumatori ."Cercheremo soluzioni e materiali di confezionamento della merce fresca e sfusa che siano effettivamente riutilizzabili, a bassissimo costo per i consumatori e di maggior vantaggio per l’ambiente", spiegano.
FARE DI NECESSITA' VIRTU'
Ma siccome “ la necessità aguzza l'ingegno”, un'insegna ha studiato un espediente arguto per permettere ai clienti di usare come nei mercati le proprie borse riutilizzabili, come si può vedere dalla foto. Ai clienti viene messo a disposizione un capiente cestino in plastica riutilizzabile in cui mettere tutta l'ortofutta in modo da poterla pesare senza sacchetto alle bilance e poi rimetterla nel cestino. Un cartello esplicativo invita i clienti ad apporre le etichette su un post it da presentare alla cassa. Il cestino viene poi svuotato oltre le casse dai clienti nelle proprie borse riutilizzabili.
Dubito che il ministero alla Salute possa esprimere veti o obiezioni in quanto l'ortofrutta in esposizione già si trova all'interno di cassette riutilizzabili.
Già nel video a supporto di “Mettila in rete" ipotizzavamo l'uso di un cestino per agevolare il trasporto dell'ortofrutta alle bilance, ma non ci era venuta in mente questa soluzione che addirittura renderebbe superflui i sacchetti monouso, almeno in alcuni casi.
Penso tuttavia che per questioni di praticità le due opzioni "rifiuti zero" possano convivere: sacchetto riutilizzabile e la possibililità offerta dal cestino di venire svuotato in uno spazio oltre alle casse.
La possibilità di apporre le etichette su un supporto cartaceo o altro metodo per evitare di appiccicare etichette anche sulle versioni monouso e compromettere il riciclo ritengo che sia un idea geniale da sviluppare.
Start up lavorate a soluzioni per smaterializzare l'etichetta!
Rimando ad una prossima puntata ulteriori considerazioni sulla vicenda quando verrà resa nota la posizione finale del Ministero alla Salute.