16 febbraio 2024 12:05
Nonostante siano vietati da ormai 12 anni, i sacchetti monouso in plastica non sono ancora scomparsi dal mercato.
Solo a Napoli, negli ultimi sette anni, sono state sequestrate 8,6 milioni di buste di plastica illegali, ovvero non compostabili. L’ultimo blitz in ordine di tempo è avvenuto lunedì scorso, con un quintale di saccheti sequestrati a un grossista cinese.
Il dato proviene dal Consorzio Biorepack sulla base di un calcolo del Nucleo Tutela Ambientale della Polizia municipale del capoluogo campano, una delle più attive nel contrasto al fenomeno, come abbiamo più volte riportato su Polimerica.
"Dal 2017 a oggi abbiamo condotto 76 operazioni che hanno portato al sequestro di circa 8,6 milioni di shopper illegali pari a circa 170 tonnellate - spiega Paolo D’Errico, maresciallo del Nucleo Tutela Ambientale della Polizia municipale di Napoli, diretto dal maggiore Massimo Giobbe -. Inoltre, abbiamo elevato sanzioni per mezzo milione di euro e deferito all’Autorità giudiziaria cinque persone per frode in commercio”.
“Il più delle volte - racconta D’Errico - si tratta di borse per asporto merci e alimenti prive di qualsiasi requisito di legge: certificazioni di biodegradabilità, compostabilità e relative etichettature. Altre volte vengono riportati slogan ambientali falsi e ingannevoli. Oppure compaiono marchi di certificazione di compostabilità su sacchetti che in realtà sono privi dei requisiti stabiliti dallo standard europeo EN 13432”.
“Le attività di contrasto sono encomiabili e indispensabili - aggiunge Carmine Pagnozzi, Direttore Generale di Biorepack (nella foto) -. Alla Polizia municipale di Napoli vanno i nostri ringraziamenti e il nostro sostegno, per più di un motivo”.
"C’è ovviamente un problema economico: gli shopper illegali, spesso provenienti dall’Oriente ma anche di manifattura locale, non rispettano i requisiti stabiliti dalle normative e, quindi, hanno costi di produzione notevolmente inferiori rispetto a quelli a norma. I sacchetti contraffatti fanno una concorrenza assolutamente sleale e causano un grave danno economico agli operatori che agiscono nella legalità, mettendo a repentaglio lo sviluppo di una filiera che rappresenta un’eccellenza made in Italy”.
"C’è poi un problema ambientale, tutt’altro che marginale - prosegue Pagnozzi -. Gli shopper illegali sono realizzati il più delle volte con polimeri non biodegradabili e non compostabili, che potrebbero contenere per di più additivi vietati e potenzialmente tossici. Quando vengono gettati erroneamente insieme ai rifiuti umidi causano difficoltà di gestione e un aumento dei costi di trattamento per gli impianti di compostaggio, in quanto aumentano gli scarti da frazioni non compostabili che devono poi essere smaltiti. In ogni caso, a contatto con gli alimenti, questi shopper illegali potrebbero rilasciare sostanze dannose perché privi di ogni controllo che invece è obbligatorio per gli shopper e per tutti i manufatti in bioplastica compostabile certificati secondo lo standard EN 13432”.
Per aumentare le attività di contrasto all'illegalità, Biorepack ha creato una piattaforma online (leggi articolo), realizzata in collaborazione con Assobioplastiche, che consente di fornire tutte le informazioni relative alle sospette violazioni, con garanzia di anonimato. Compiuti i dovuti accertamenti di laboratorio, Biorepack può così presentare un esposto alle autorità competenti.
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