22 febbraio 2022 17:38
Secondo un nuovo report diffuso oggi dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), meno del 10% dei rifiuti plastici generati ogni anno a livello mondiale viene effettivamente riciclato, con percentuali variabili da regione a regione (vedi grafico sotto). Lo studio giunge a una settimana dall'avvio della conferenza delle Nazioni Unite per l’ambiente, che si riunirà a Nairobi per discutere il percorso da intraprendere verso il primo trattato internazionale per ridurre l’inquinamento da plastica.
Secondo lo studio Global Plastics Outlook (scaricabile QUI), nel 2019 sono state prodotte 460 milioni di tonnellate di materie plastiche, a fronte di 353 milioni di tonnellate di rifiuti, più del doppio rispetto a vent'anni prima (erano 156 milioni nel 2002). Solo il 9% di questi rifiuti viene riciclato, mentre il resto finisce a incenerimento (19%), discarica (50%) o è disperso nell'ambiente (22%). I volumi di plastica riciclata reintrodotti in produzione sono quadruplicati dal 2000 al 2019 (da 6,8 a 29,1 milioni di tonnellate), ma rappresentano in ogni caso solo il 6% dei consumi totali di polimeri.
La quantità di rifiuti di plastica prodotta da ogni abitante del globo varia dai 221 kg negli Stati Uniti ai 114 kg nei paesi europei dell'OCSE, scendendo ai 69 kg, in media, per Giappone e Corea.
In parte, questi rifiuti finiscono nell'ambiente in forma di macro e microplastiche (diametro inferiore a 5 mm): secondo lo studio, nel 2019 i rifiuti dispersi ammonterebbero a 22 milioni di tonnellate, per il 12% in forma di microplastiche (soprattutto fibre e polvere di pneumatico).
I paesi più industrializzati, appartenenti all'OCSE, contribuiscono per il 14% alla dispersione globale, all'11% di tutte le macroplastiche e al 35% delle microplastiche. I ricercatori valutano la quantità di plastica accumulata nei fiumi in 109 milioni di tonnellate e in 30 milioni quella presente negli oceani. Solo nel 2019, 6,1 milioni di tonnellate di rifiuti plastici sarebbero finiti in fiumi, laghi e oceani.
Nonostante nel 2020, a causa del rallentamento economico legato alla pandemia, il consumo di plastiche sia diminuito del 2,2% rispetto all'anno precedente, si è assistito a un incremento della produzione di rifiuti, soprattutto imballaggi monouso e dispositivi medicali per la protezione individuale, come le mascherine. Ma già l'anno scorso, con la ripresa dell'attività produttiva, anche il consumo di plastica è tornato a crescere.
Secondo l'OCSE, per combattere l'inquinamento da plastica occorre un'azione coordinata e una cooperazione a livello internazionale al fine di ridurre i consumi, anche attraverso l'innovazione, una migliore progettazione dei prodotti (ecodesign), lo sviluppo di alternative meno impattanti sull'ambiente, il miglioramento della gestione dei rifiuti e un incremento delle attività di riciclo.
I ricercatori ritengono che l'imposizione di divieti e imposte sugli articoli monouso, in vigore in oltre 120 paesi, non siano sufficienti per ridurre l'inquinamento. La maggior parte delle misure - si legge nello studio - si limitano a colpire articoli come i sacchetti di plastica, che costituiscono una piccola parte dei rifiuti.
Solo in un numero ridotto di paesi sono in vigore tasse sul conferimento in discarica o sull'incenerimento dei rifiuti, che potrebbero favorire il ricorso al riciclo. Nel report si invitano le autorità a introdurre regimi di responsabilità estesa del produttore per imballaggi e beni durevoli, tasse sulle discariche, schemi di deposito su cauzione (DRS) e sistemi "Pay-as-You-Throw".
Viene anche auspicato lo sviluppo di un mercato separato e ben funzionante per la plastica riciclata, come sostituto di quella vergine. Andrebbero inoltre introdotti obiettivi vincolanti per l'uso di riciclato nei manufatti e promossi investimenti in tecnologie di riciclo più efficienti.
Vedi anche: The Global Plastics Outlook: Economic Drivers, Environmental Impacts and Policy Options
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