6 luglio 2018 11:59
Unionplast replica all’articolo a firma di Milena Gabanelli pubblicato il 2 luglio scorso sul Corriere della Sera, nella rubrica Dataroom, intitolato “Le cannucce di plastica permangono nei secoli: 500 anni per distruggersi” (leggi). Pubblichiamo di seguito, in forma integrale, la risposta dell’associazione dei trasformatori di materie plastiche.
Un nuovo articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera del 2 luglio ripropone con dovizia di numeri - tonnellate, miliardi, percentuali… - il tema ormai quotidiano dell’inquinamento causato dalla plastica ai danni dell’ambiente ed in particolare del mare.
Certo, repetita juvant come ci insegnano, ma questo articolo che vuole connotarsi di oggettività perché ampiamente corredato da numeri che certificano lo scempio compiuto dalla plastica, manca di quell’approccio di consapevole responsabilità di chi “informa” per professione. Insomma ancora una condanna senza aver ascoltato tutte le parti interessate, senza contraddittorio: bastano i numeri!
Purtroppo, l’oggettività dei numeri con cui rappresenta il fenomeno poco dice di quanto dovrebbe esser detto per essere realistici a 360 gradi. E per essere realisti davvero urge chiarire prima di ogni altra cosa che la sostituzione dei polimeri (plastica) tradizionali con quelli cosiddetti “bio” non risolverà il problema del marine littering; prova ne sia il fatto che la proposta di direttiva della Commissione Europea al riguardo, contrariamente a quanto dichiarato, pone limiti al monouso in generale senza distinzione (si veda il considerando 22 della proposta di Direttiva).
Il problema del littering, va da sé, è un problema anche per l’industria: ogni manufatto in plastica disperso in un prato o gettato in mare è un manufatto di troppo venduto, e contemporaneamente la peggiore pubblicità per i nostri prodotti.
Il mondo industriale europeo è pienamente cosciente della necessità di partecipare ad un impegno generale volto a combattere lo spreco da una parte e ad aumentare considerevolmente, dall’altra, il riciclo, ma ricordiamo che, secondo gli stessi dati considerati dalla Commissione Europea, circa il 90% di questi rifiuti dispersi proviene da nazioni extraeuropee e che questo fenomeno di dispersione è causata dalla cattiva educazione dei consumatori oltre che dalla mancanza, in alcune aree del mondo, di adeguati sistemi di raccolta.
Per questo motivo i divieti che oggi si stanno affacciando in Europa, provocando una perdita di competitività dell’industria europea, hanno certamente una grande risonanza mediatica, ma avranno un effetto risibile sull’ambiente senza contare che insisterebbero ancora una volta su una presunta colpevolezza del materiale e non sulle reali cause del problema.
Su queste bisogna cominciare a lavorare: noi riteniamo che la Commissione non abbia tenuto in considerazione alcuni elementi di valutazione chiave come per esempio la diversa capacità ed efficienza dei sistemi di raccolta dei rifiuti.
In Italia, infatti, e solo a titolo di esempio, è un paradosso il bando ai piatti monouso che vengono regolarmente raccolti dal consorzio Corepla, tenendo anche in considerazione che la misura appare ancor più grave pensando ai numeri del settore, visto che - per rimanere sui piatti usati in Europa- non arriviamo ad un 1,5% dell’utilizzo di tutta la plastica usata per il packaging nella Comunità Europea.
Eppure, con questa proposta la Commissione sta promuovendo una misura che impatterà soprattutto sull’Italia, nazione che è il principale mercato di produzione europeo (con esportazioni che toccano oltre 30 nazioni estere), con circa 3000 posti di lavoro (senza considerare l’indotto).
Il fenomeno del littering deve essere inquadrato nel più ampio tema della sostenibilità ambientale: ebbene, è sconcertante vedere come da un lato la Commissione Europea insista sull’utilità delle analisi di impatto ambientale del ciclo di vita dei prodotti (LCA) per valutare realmente le migliori opzioni ambientali e dall’altro limiti o vieti determinati prodotti in plastica senza realmente analizzare la sostenibilità delle opzioni alternative.
Per questi motivi, Unionplast e i trasformatori da essa rappresentati:
È compito di ognuno di noi combattere lo spreco, gestire in maniera consapevole e responsabile i rifiuti. Ed è compito di tutti condannare e punire piuttosto, con misure efficaci, la dispersione di rifiuti nell’ambiente.
a cura di Unionplast - Federazione Gomma Plastica
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