12 giugno 2014 07:00
L’Assemblea di Assocomaplast, tenutasi il 10 giugno scorso al Kilometro Rosso di Bergamo, ha ospitato un interessante intervento di Andrew Reynolds, Direttore della società di ricerca britannica Applied Market Information (AMI), che ha illustrato trend e sviluppi futuri dell’industria delle materie plastiche.
Tra i numerosi grafici mostrati da Reynolds, quello che più ha colpito i presenti illustrava la numerosità, nel tempo, delle imprese di trasformazione di materie plastiche nei principali paesi europei (qui sotto): mentre i nostri principali competitor, ad eccezione del Regno Unito, mostrano un andamento pressoché stabile negli ultimi 25 anni, in Italia il numero delle aziende si è dimezzato dal 1990 al 2014, passando da quasi 11mila a circa 5mila, con un’ulteriore previsione al ribasso da qui al 2020, quando saranno poco più di 4.000. Il crollo più marcato si evidenzia dal 2000 al 2010, quindi prima dell’ultima crisi finanziaria.
Trasformatori di materie plastiche in Europa (Fonte: AMI)
Una ragione, certamente la principale, va cercata nell’elevato numero di micro imprese attive in passato nel nostro paese, che non hanno retto l’impatto della globalizzazione, come dimostra il fatto che fino al 2010, pur trasformando un volume inferiore di plastiche rispetto alla Germania, avevamo un numero doppio di imprese. Va detto che i trasformatori tedeschi, pur risentendo della crisi, hanno incrementato il loro numero nell’ultimo quarto di secolo, e nulla lascia pensare che la dimensione media delle aziende nel frattempo si sia ridotta.
L’analisi di Reynolds fotografa un’industria della trasformazione, in Europa occidentale, che si trova a fare i conti con un mercato maturo e con costi di produzione elevati, mentre vi sarebbero ancora opportunità di crescita in Centro ed Est Europa.
Nel complesso - e nonostante la selezione naturale - il settore appare ancora molto frammentato, con numerose aziende di dimensioni ridotte, spesso carenti di risorse finanziarie e management.
Secondo i dati AMI, il trasformatori attivi in Europa sono poco più di 25.400, per il 63% dediti allo stampaggio ad iniezione. Circa un quinto sono italiani, il 16% tedeschi e il 10% russi, solo per indicare i principali paesi. Nel complesso, le materie plastiche trasformate in Europa nel 2013 sono state pari a 44,9 milioni di tonnellate. Qui la classifica dei paesi consumatori cambia: la Germania prende la testa della classifica con il 18% delle plastiche trasformate in Europa, seguita da Italia e Russia, ognuna con il 12%; a debita distanza Francia (8%), Regno Unito (7%), Spagna (6%) e Polonia (5%),
Le principali sfide per i trasformatori europei saranno - anche in futuro - i costi crescenti dell’energia, che renderà sempre più ardua la competizione internazionale, accompagnata da una sovracapacità produttiva in molti segmenti applicativi. Altri fattori critici si confermano il costo del lavoro, la conformità ai regolamenti comunitari, le diverse fiscalità presenti in Europa, soprattutto per quanto concerne le imposte sulle vendite. Senza dimenticare i crescenti costi finanziari e la debolezza nell’accedere ai capitali per investimenti.
La nota positiva è che per le plastiche c’è comunque futuro: a livello mondiale il loro consumo continuerà a crescere con tassi medi annui tra il 3 e il 7 percento a seconda della famiglia polimerica (PET, tecnopolimeri e polipropilene correranno più in fretta). Da 234 milioni di tonnellate del 2013 si passerà ai 304 milioni di tonnellate del 2018, un terzo delle quali destinate alla Grande Cina, contro il 17% dell’Europa e il 15% dell’area Nafta.
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