9 marzo 2021 08:45
Un gruppo di associazioni di categoria del mondo della trasformazione di materie plastiche, tra cui l'italiana Unionplast, aveva chiesto in febbraio alla Commissione europea di modificare le norme che impongono l'applicazione su alcuni prodotti monouso in plastica, tra cui tazze e bicchieri, di un'etichetta che informa i consumatori sulla presenza di plastica: "Made of Plastics" nelle diverse lingue della UE (in Italia "Fatto in plastica").
Per i firmatari dell'appello (originale in allegato), l'apposizione della scritta nelle lingue nazionali - che comporta non poche difficoltà logistiche per i produttori - non è prevista dalla direttiva ed è stata introdotta attraverso un regolamento ritenuto incoerente, approvato con troppa fretta e mancanza di buon senso.
Pubblicato nel gennaio di quest'anno, il regolamento (leggi articolo) riporta i requisiti di marcatura che devono essere applicati entro luglio 2021 per un elenco di prodotti soggetti a obiettivi nazionali di riduzione dei consumi (per altri è previsto addirittura il bando); obiettivi che - si legge nell'appello - restano ancora sconosciuti. Inoltre, i criteri avrebbero dovuto essere pubblicati entro luglio 2020, per lasciar tempo alle imprese di adeguare le attrezzature tecniche necessarie all'etichettatura.
Considerando anche le modifiche introdotte dalla UE sulla grafica dell'etichetta (pubblicate il 5 marzo scorso), i produttori di articoli monouso hanno ora meno di sei mesi di tempo per rispettare gli obblighi di marcatura, con aggavio dei costi. La fornitura, l'installazione e l'avvio di nuove stampanti richiedono un periodo che va da 6 a 8 mesi, sottolineano i firmatari dell'appello, che chiedono di posticipare a luglio 2022 l'entrata in vigore del provvedimento.
Il rischio potenziale è una distruzione "inutile e indesiderabile" di prodotti non contrassegnati presenti in magazzino, che a sua volta si tradurrebbe in un assurdo spreco di risorse, contrario al principio fondamentale alla base la direttiva SUP.
Un altro aspetto poco gradito all'industria di settore è dover applicare una scritta diversa per ogni paese nel quale un articolo viene immesso, ritenuto in contrasto con il principio di libera circolazione delle merci nel mercato unico. "L'imminente rettifica del regolamento - si legge nell'appello - potrebbe offrire l'opportunità di utilizzare la sola lingua inglese invece dei molteplici idiomi dei paesi in cui l'articolo viene distribuito, o - in alternativa - di applicare solo un pittogramma senza la corrispondente scritta". Rettifica pubblicata in GUCE il 5 marzo scorso, che non ha però accolto queste richieste, limitandosi a modifiche grafiche (leggi testo originale).
Secondo le associazioni che hanno siglato l'appello, così come è formulato oggi, il regolamento presenta molti aspetti di incoerenza con il diritto acquisito UE (''acquis comunitario'), è in contrasto con lo spirito della direttiva e con i principi dell'economia circolare ed è profondamente avverso alla plastica senza alcuna giustificazione scientifica a sostegno.
"Con i suoi tempi stretti e gli obblighi inutili, il regolamento non ridurrà solo la vendita di alcuni prodotti, ma ne proibirà la produzione in Europa, conseguenza non desiderata nel caso di tazze per bevande e relativi prodotti". Secondo le associazioni di settore, il provvedimento ucciderà l'industria: "Le aziende stanno chiudendo a causa del recepimento drastico, ingiusto, malsano e non scientifico della direttiva SUP. Non è questa la strada per un'Europa democratica, mentre allo stesso tempo viene lanciata una strategia industriale e una politica per le PMI. Investimenti e cambiamenti richiedono stabilità, certezza del diritto e chiarezza: tutte queste condizioni mancano oggi".
Infine, affermano i firmatari, i rischi di rinunciare alla plastica senza una vera valutazione delle conseguenze per la salute, l'ambiente e il lavoro sono reali e, di questo passo, gli effetti saranno presto, purtroppo, tangibili.
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