La proposta lanciata in un Convegno a Roma da Legambiente e Corepla.
1 aprile 2015 15:27
Legambiente e Corepla hanno fatto pace! Non è un pesce d’aprile, ma è il messaggio di apertura di Giorgio Quagliuolo, presidente Corepla, al convegno “Un cluster d’eccellenza nazionale: il riciclo della plastica”, tenutosi a Roma questa mattina, primo giorno di Aprile. Una delle poche occasioni in cui la filiera del riciclo e le politiche industriali incontrano e dialogano con le politiche ambientali. Il connubio ormai è obbligatorio, l’Europa spinge per un bilancio responsabile tra le due e il riciclo non può che stare con il classico “piede in due scarpe”, ma in senso positivo.
La proposta lanciata da Corepla e Legambiente è definire una strategia nazionale per garantire l’aumento della quantità e della qualità della raccolta differenziata degli imballaggi in plastica e la massimizzazione del loro riciclo, anche grazie all’implementazione di politiche di prevenzione. “La nostra proposta – puntualizza il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - punta a incentivare politiche di riduzione e riciclaggio. Un cambio di passo necessario per superare al più presto le troppe emergenze legate all’uso della discarica, che rappresenta anche una concreta possibilità per uscire dalla crisi. Oggi siamo entrati in una seconda fase della green economy, perché in tanti campi si è già spostato il mercato ed è evidente come vi sia spazio oggi solo per chi punta su innovazione e qualità ambientale. Ci auguriamo che la riflessione del governo sul Green Act e le misure che ne scaturiranno vadano in questa direzione e ne colga le importanti possibilità. A cominciare dall’investimento al 100% dei proventi dell’auspicata ecotassa per le politiche di prevenzione, riuso e riciclo dei rifiuti e da una nuova tariffazione puntuale”.
Il convegno si è aperto con un videomessaggio del Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, che ha evidenziato l’importanza dell’economia circolare per l’obiettivo “zero discariche entro il 2020”, che non tocca solo la plastica ma tutti i tipi di rifiuto. Il moderatore, Jacopo Giliberto, giornalista del sole24ore, ha introdotto poi gli interventi di Legambiente, nella persona del vicepresidente Stefano Ciafani, e di Antonello Ciotti, vicepresidente Corepla. Ciafani ha presentato cinque leve sulle quali basare la rivoluzione nazionale dei rifiuti plastici:
1. penalizzazione economica delle discariche e sconti ai comuni virtuosi;
2. promozione degli acquisti verdi, con una politica efficace, che tocchi anche i privati, non solo la pubblica amministrazione;
3. massimizzazione della riciclabilità: attraverso ricerca e innovazione tecnologica, soprattutto lato impianti;
4. informazione e promozione della fiducia nel materiale plastico da parte dei cittadini: attraverso una legge partecipata, come da modello francese, e maggiori controlli ambientali;
5. Tariffazione puntuale: chi è più virtuoso dovrebbe pagare di meno.E dire che l’Italia è uno dei paesi virtuosi in Europa per quanto riguarda il riciclo! Come ha illustrato Ciotti, vicepresidente di Corepla, nonostante la crisi, i consumi di plastica in Italia nel 2014 sono rimasti stabili e la quantità di rifiuti conferiti al riciclo è aumentata dalle 600.000 tonnellate del 2010 alle 800.000 tonnellate del 2014. L’anno scorso sono state riciclate circa 466.000 tonnellate di materiali plastici, che sono andate per lo più a “rivivere” in bottiglie in PET, flaconi in HDPE, film, poliolefine miste e altre applicazioni.
Ad oggi però in Italia ancora il 37% dei rifiuti finisce interrato e questo rappresenta un’enorme perdita sia in linea di principio che dal punto di vista economico. Ben il 45 % degli imballaggi in plastica fa la stessa fine. Questo è il dato da cui partire per promuovere una strategia integrata che possa tradurre questo dato negativo in un potenziale per tutta la filiera del riciclo, che abbia ricadute positive sull’indotto e che generi occupazione, un dato a cui oggi siamo più che mai sensibili.
Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati, ha confermato il buon operato in Italia (per una volta mettiamo in luce i nostri lati positivi!) dei consorzi di filiera, che hanno saputo, attraverso un’azione coordinata, portare avanti azioni a reale beneficio del loro settore. Ha anche sottolineato come, oggi, serva un cambiamento per poter avanzare nell’industria rispettando l’ambiente, e per poter accogliere una sfida che può portare innovazione sostenibile. La bioeconomia e la chimica verde sono opportunità che l’Italia oggi deve cogliere al volo se vuole mantenere quell’eccellenza nella chimica che, poco più di 50 anni fa, ci ha dato un premio Nobel della portata di Natta, come ha confermato Andrea Bianchi, direttore delle politiche industriali di Confindustria.
Ritornando ai dati, nel 2014 in Italia sono state consumate 6,5 milioni di tonnellate di materie plastiche, di cui il 40% sono state trasformate in imballaggi. L’indotto dà lavoro ad oltre 200.000 addetti e il settore risulta essere uno dei maggiori moltiplicatori di risultato in Europa. 100 euro investiti nel settore materie plastiche, in Europa, si traducono in 238 euro di ricadute, come mostrato da Alessandro De Biasio, direttore Practice Strategia The European House Ambrosetti, che ha presentato uno studio pubblicato nel 2014 sulle nuove sfide del settore plastica in Italia, finanziato dai grandi gruppi produttori di polimeri (italiani e non).
La competizione è forte per il settore, da paesi a basso costo come Cina e India, a mercati già consolidati ma che godono di prezzi dell’energia molto più bassi (USA ad esempio), ma l’Italia gioca un ruolo di primo livello: siamo infatti i terzi in classifica, al mondo (!), in quanto a produzione di macchine per la lavorazione delle materie plastiche e i secondi in Europa quanto a consumo di polimeri. Per mantenere queste posizioni, è necessario presidiare l’intera filiera chimica, valorizzare le competenze anche con una migliore comunicazione tra ricerca e industria e investire in settori di frontiera, come i compositi, i biopolimeri e le tecniche di ripolimerizzazione.
Tutto questo però deve essere necessariamente supportato da una politica industriale adeguata (e proattiva) e da un’opera di sensibilizzazione degli utenti finali.
Valerio Caramassi, presidente di Revet, ha portato il punto di vista di uno dei massimi attori nella raccolta e riciclo di rifiuti plastici in Italia, mentre Pietro Spagni di Petra Polimeri ha mostrato una delle possibili frontiere nell’utilizzo del rifiuto plastico misto che altrimenti andrebbe a termovalorizzazione. Spagni ha mostrato come si sia arrivati ad utilizzare, presso un’acciaieria austriaca, l’SRA come agente secondario riducente nelle reazioni di ossidazione dei metalli negli altoforni. In questo modo viene riutilizzato un densificato (senza contaminanti e inquinanti) al posto del coke metallurgico.
Angelo Bonsignori di IPPR (Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo) ha illustrato l’esperienza realizzata negli anni con il marchio “Plastica seconda vita” che ha certificato, ad oggi, oltre 2000 prodotti che hanno utilizzato, almeno in parte, materiale riciclato per la loro produzione.
Quali sono dunque le sfide per il futuro in tema di riciclo delle plastiche? Qualche esempio (anche se a dir la verità un po’ pochi..) lo ha fornito Luigi Ambrosio del CNR, che ha portato due casi di studio inerenti il riciclo del polistirolo, tra cui uno che prevede il riciclo anche di materiali fibrorinforzati del settore navale.
D’altronde, come in tutto il settore materie plastiche e come confermato dal CNR, la sfida non si gioca solo ed esclusivamente lato materiali ma, forse ancora di più dal punto di vista delle tecnologie, nell’ottica europea di trasformarle in abilitanti, che possano offrire applicazione e sviluppo in un’ottica di innovazione aperta e multisettoriale. Insomma, le sfide per il settore del riciclo non finiscono qui, ed è stato ripetuto anche nella tavola rotonda che ha seguito la conferenza.
a cura di Laura Fusani - Proplast
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