Presentato a Roma il Rapporto Responsible Care che mostra i miglioramenti conseguiti dal 1990 a oggi in termini di sicurezza e impronta ambientale.
23 ottobre 2014 05:35
Federchimica ha presentato lunedì scorso a Roma l’edizione 2014 del Rapporto Responsible Care, il Programma volontario che l'industria chimica promuove per tutelare la sicurezza e la salute di lavoratori, consumatori e dell’ambiente, nell'ambito più generale della responsabilità sociale delle imprese.
I risultati, illustrati dal presidente di Federchimica Cesare Puccioni, sono lusinghieri e dimostrano come l'industria chimica italiana, quanto meno la sua parte più avanzata, non sia, come molti pensano, un settore inquinante e pericoloso, ma che – al contrario – sia da annoverarsi tra i comparti più sicuri e attenti agli aspetti ambientali. Certo, ci sono anche i casi limite o i vecchi poli da bonificare, ma nel complesso la chimica italiana – come ha affermato Puccioni - si candida a diventare modello di sviluppo ambientale, economico e sociale.
Partiamo dalla sicurezza sul lavoro: secondo i dati Inail, la chimica è oggi il settore con il minor numero di malattie professionale e il secondo per minor numero di infortuni rapportato alle ore lavorate dai dipendenti.
Sotto il profilo ambientale, invece, in meno di venticinque anni le emissioni inquinanti in atmosfera sono scese di circa il 95% e quelle negli scarichi idrici del 65%, rispetto al 1990. In particolare, rileva il Rapporto Responsible Care, le emissioni di gas serra sono state tagliate del 68% e, a partire dal 2005, il settore ha centrato l’obiettivo UE che ne impone una riduzione del 20% a livello europeo entro il 2020.
Sempre rispetto al 1990, i consumi consumi energetici delle aziende che aderiscono al programma sono state tagliate del 38,2% in valore assoluto, risultato determinato anche – ma non solo - dalla crisi economica. L’Indice di efficienza energetica, calcolato a parità di produzione, è infatti migliorato del 44,9% segno che le imprese si sono impegnate anche su questo fronte.
Dal Rapporto emerge inoltre che le imprese chimiche dedicano ogni anno oltre il 2% del proprio fatturato a sicurezza, salute e ambiente, concentrando su questi temi circa un quinto degli investimenti complessivi.
“Il Rapporto Responsible Care ci consegna la fotografia di un settore non solo responsabile, ma cosciente del suo ruolo nella società - ha dichiarato Puccioni durante la presentazione del documento -. Un’industria chimica forte e competitiva, infatti, è promotrice di sviluppo sostenibile: trasferisce tecnologia e innovazione a tutti i settori manifatturieri e con i suoi i prodotti aiuta anche gli utilizzatori a ridurre l’impatto ambientale”. “Sostenibilità, però, non significa solo Ambiente – ha aggiunto il presidente di Federchimica -. Occorre tenere nella dovuta considerazione anche la dimensione economica, che favorisce sviluppo e crea lavoro, benessere e risorse per finanziare l’innovazione”.
Tra le buone prassi aziendali citate nel Rapporto vi è anche il sistema di gestione della “Product Stewardship” sviluppato da Versalis per attuare un programma di tutela degli aspetti di sicurezza, salute e ambiente dei prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita, dalla progettazione allo smaltimento. Viene citato anche il progetto “Energ-Ice” di Dow, volto a migliorare l'isolamento dei frigoriferi e ridurre di conseguenza i consumi energetici e gli impatti ambientali. Menzionato nel Rapporto anche il calcolo dell’impronta ambientale nella filiera della poliammide 66, dalla produzione degli intermedi fino ai tecnopolimeri, messo a punto da RadiciGroup.
Il 20° Rapporto Annuale Responsible Care raccoglie i risultati ottenuti da 166 imprese, con 471 unità locali e oltre 44mila addetti, che nel complesso registrano un fatturato aggregato di 29,6 miliardi di euro, pari al 56,7% di quello complessivamente generato dall’industria chimica in Italia. La versione integrale in PDF può essere scaricata dal sito di Federchimica.
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