Per Anie il settore è pronto per un “back reshoring”: logistica e qualità spingono le imprese a rientrare.
8 luglio 2014 06:00
Non sono solo gli Stati Uniti a riprendere in casa produzioni manifatturiere delocalizzate in passato nei paesi dell’Estremo Oriente. Anche l’Italia, almeno per alcuni comparti, potrebbe beneficiare del “back reshoring” a condizione di non lasciar sole le aziende che decidono di compiere questo passo.
Il messaggio giunge dalla dall’Assemblea Annuale di ANIE Confindustria, tenutasi nei giorni scorsi a Milano. Nella sua relazione, il Presidente Claudio Andrea Gemme (nella foto) ha ricordato che, dopo la moda, l’industria elettrotecnica ed elettronica è il secondo comparto per rimpatri produttivi, identificando nella logistica, controllo e qualità del made in Italy i fattori principali che spingono le aziende a riportare la produzione all’interno dei confini nazionali.
Una tendenza confermata da una ricerca realizzata ad hoc dalla Federazione con il contributo di Luciano Fratocchi, professore di Ingegneria economico-gestionale all’Università de L’Aquila e portavoce del gruppo di ricerca italiano Uni-Club MoRe Back Reshoring. Dallo studio emerge che i settori Anie rappresentano quasi un quinto del totale dei rientri, secondi solo ad abbigliamento e calzature. Est Europa (38,5% dei casi) e Cina (30,8%) sono le aree da cui si decide di rientrare più spesso. Tra le motivazioni addotte dalle aziende che scelgono di far ritorno nel nostro paese, il minore controllo della qualità della produzione all’estero (“molto rilevante” per un terzo delle aziende Anie intervistate), la necessità di vicinanza ai centri italiani di R&S (25%) e i maggiori costi della logistica (22%).
“Il nostro studio ci dice che tornare a produrre in Italia non è utopistico - ha commentato Gemme -. Qualcuno ha già iniziato a farlo, altri lo farebbero se si creassero le condizioni per poter lavorare: abbattimento della pressione fiscale e della burocrazia, detassazione degli utili reinvestiti in ricerca e innovazione, valorizzazione del know how tecnologico e della qualità del made in Italy, promozione degli asset strategici del Paese”.
Nel corso dell’Assemblea è stato anche fatto il punto sullo stato di salute del settore, che rimane critico: i comparti rappresentati in Anie Confindustria hanno registrato l’anno scorso una flessione del fatturato aggregato dell’11,8%, da 63 a 56 miliardi di euro. Quasi tutti i settori hanno mostrato un andamento di segno negativo, con i cali più significativi per componenti elettronici (-11,2%), tecnologie per la trasmissione di energia elettrica (-9%) e cavi (-8,3%).
Fra i comparti in controtendenza ci sono automazione industriale, che ha chiuso il 2013 con un giro d’affari in crescita del 3,9%, e sistemi di trasmissione movimento e potenza che hanno mostrato una variazione positiva dello 0,7%. Entrambi hanno beneficiato della domanda di tecnologie innovative da parte delle imprese manifatturiere italiane più competitive e impegnate nella conquista dei mercati esteri.
In questo quadro difficile - nota il centro studi dell’associazione - pesa soprattutto l’impoverimento del mercato interno, con una domanda di tecnologie Anie in calo l’anno scorso del 5,5%. Positive, ma senza grandi exploit, le esportazioni, cresciute a fine anno dello 0,8%; un andamento fiacco condizionato dalla fragilità della domanda europea, a cui sono destinate oltre la metà delle esportazioni elettrotecniche ed elettroniche italiane.
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