12 giugno 2025 08:49
È stata perfezionata nei giorni scorsi l'acquisizione della quota di maggioranza (80%) del produttore toscano di film in polipropilene biorientato (BOPP) Irplast da parte del gruppo giapponese Toppan. Il restante 20% è in mano al management, rappresentato dall’amministratore delegato Fausto Cosi e dal direttore operativo Luca de Bartolo.
Per parlare del futuro della società alla luce dell'operazione appena conclusa, abbiamo incontrato Fausto Cosi e la Chief Sustainability Officer Naomi Lunadei (nella foto).
"È senz'altro una tappa decisiva, poiché apre a Irplast una prospettiva a lungo termine di grande solidità, sia dal punto di vista produttivo che commerciale - Fausto Cosi commenta l'ingresso in Toppan -. Innanzitutto siamo orgogliosi di aver attirato l'interesse di un gruppo che, pur essendo di grandi dimensioni, è perfettamente allineato con la nostra strategia".
A proposito di strategie, come siete posizionati in un mercato altamente competitivo come quello dei film poliolefinici?
Da una decina d'anni abbiamo deciso di concentrarci sulle specialità, lasciando il settore dei film BOPP commodities, nel quale i produttori europei non riescono più a essere competitivi; e questo non per incapacità, ma per gli alti costi dell'energia e delle materie prime in un'attività che è intrinsecamente energivora. E non è nemmeno una questione dei costi del lavoro, giacché la specializzazione e le conoscenze dei nostri collaboratori sono un valore aggiunto e non un sovraccosto per l'azienda, soprattutto se si considera che operiamo con impianti tecnologicamente avanzati.
Può fare un esempio?
Nel 1998 siamo stati i primi a installare, per la produzione di film BOPP, una linea Lisim di Brückner con tecnologia di stiro simultaneo. A distanza di 25 anni ne abbiamo ordinata un'altra (nell'immagine il rendering dell'impianto), con la stessa tecnologia, ma di maggiore larghezza e capacità produttiva.
Non siamo più gli unici ad averla, ma ritengo che una sana competizione possa migliorare l'offerta, oltre al fatto che essere gli unici fornitori di una tipologia di film può preoccupare alcuni clienti, poco propensi a servirsi in monofornitura. Detto questo, l'esperienza che abbiamo accumulato in questo segmento ci offre un importante vantaggio competitivo. E credo che Toppan lo abbia ben compreso.
Una conoscenza che potrebbe essere trasfusa anche in altri stabilimenti del gruppo?
La divisione packaging di Toppan ha un fatturato di quasi 4,5 miliardi di dollari ed è in crescita: non mancano certo le integrazioni con il nostro portafoglio di film per soluzioni monomateriali. Per esempio, nel gruppo c'è un'azienda indiana che si occupa di film speciali, acquisita negli anni scorsi, dove abbiamo già individuato potenziali sinergie molto interessanti. Tra l'altro, stanno inaugurando una linea Brückner, non con tecnologia Lisim, ma ibrida. Si potrebbero avviare collaborazioni molto interessanti, che potrebbero aprire a Irplast il mercato asiatico, fino ad oggi precluso.
Quale interesse ha Toppan verso il settore dei nastri e delle etichette?
Dalle prime interlocuzioni con i nostri nuovi azionisti abbiamo capito che il gruppo lavora con standard produttivi, qualitativi e di servizio molto elevati. Abbiamo visitato una loro fabbrica in Giappone e siamo rimasti favorevolmente colpiti. Credo, quindi, che vi sia disponibilità per ulteriori investimenti nei nostri impianti in Italia: negli ultimi sei anni, solo nello stabilimento di Empoli, abbiamo installato 9 nuove macchine tra stampa e taglio, più che raddoppiando la capacità produttiva, oggi pari a quasi 10mila tonnellate annue di film.
Avete in portafoglio anche film in polipropilene ottenuto con materie prime da riciclo chimico attribuite mediante bilancio di massa. C'è mercato per questi prodotti?
Fino a ieri non esisteva un'offerta strutturata di materiali mass-balance e ciò ha senz'altro ritardato lo sviluppo di nuovi prodotti, perché i grandi gruppi che operano nel mondo del packaging vogliono essere sicuri di avere una disponibilità del materiale in modo continuo e in volumi adeguati.
La situazione sta però rapidamente cambiando e iniziano ad essere disponibili volumi costanti di materiali da riciclo chimico e biobased con attribuzione certificata. Noi abbiamo creduto fin dall'inizio in questa tecnologia, tanto che il primo accordo di fornitura di materiali con Sabic risale al 2020. Credo siamo stati i primi a utilizzare le resine TruCircle di Sabic in questa applicazione (leggi articolo)
A questo punto, nella discussione interviene la Chief Sustainability Officer di Irplast, Naomi Lunadei: "Inizialmente erano resine a base di tall oil (tallolio), uno scarto della lavorazione del legno, poi abbiamo aggiunto i materiali ottenuti da oli da cucina esausti alimentari. L'origine, però, non è importante; quello che veramente conta è la riduzione dell'impronta di carbonio che queste soluzioni possono offrirci in settori sensibili al contatto alimentare, dove il riciclato meccanico trova ancora limiti d'impiego. Va ricordato, infatti, che il 50% delle emissioni complessive di CO2 di un film BOPP è determinato dalla materia prima".
"Da anni brand-owner e grande distribuzione chiedono soluzioni alternative alla plastica vergine - aggiunge Lunadei -. Il riciclo chimico con attribuzione mass-balance è la soluzione, poiché non occorre cambiare gli impianti di trasformazione e converting e nemmeno le omologazioni, dato che la resina attribuita si comporta in maniera identica a quella vergine e può essere sostituita immediatamente".
Fausto Cosi riprende la parola per sottolineare un aspetto: dato che le plastiche da riciclo chimico oggi costano più di quelle vergini - a volte anche il doppio - questi materiali hanno un senso economico solo se utilizzati per produrre film speciali, gli unici a poter assorbire il differenziale di prezzo.
Un altro prodotto oggi in voga, anche in vista del nuovo Regolamento imballaggi, sono le soluzioni monomateriali, sulla carta più facili da riciclare...
Entro il 2030 gli imballaggi dovranno essere interamente riciclabili e, di conseguenza, in larga parte monomateriali, senza dimenticare le prescrizioni sul contenuto di riciclato, pari ad almeno il 10% già nel 2030. È vero che mancano ancora gli atti delegati con i dettagli, ad esempio sulle classi di riciclabilità, ma la strada è ormai segnata. Diciamo che il riciclo chimico potrebbe rispondere bene ad entrambe le prescrizioni, rendendo il materiale sia riciclabile sia idoneo come riciclato anche in applicazioni sensibili al contatto.
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