14 gennaio 2021 16:32
Intervista a cura di Silvia Ricci
Nove anni orsono, l' associazione europea dei riciclatori di plastica PRE(Plastics Recyclers Europe) ha iniziato a lavorare a RecyClass, un sistema di valutazione della riciclabilità degli imballaggi in plastica che, sulla falsariga delle classi energetiche per gli elettrodomestici, attribuisce ad un imballaggio una classe che va dalla A alla F a seconda del grado di riciclabilità. Uno strumento di straordinaria efficacia che non lascia spazio al greenwashing e rende più circolare l’utilizzo delle plastiche.
Il responsabile di RecyClass, Paolo Glerean (nella foto), ha seguito il progetto fin dagli esordi e crede molto nella possibilità che questo strumento contribuisca ad armonizzare le linee guida finalizzate al riciclo, anche in considerazione del fatto che il “problema plastica” – ma sarebbe meglio dire “problema monouso” – è emerso nella sua dimensione attuale soltanto da pochi anni.
Può descriverci in cosa consiste a grandi linee RecyClass: da chi è stato ideato, lanciato e con quale scopo?
L’idea di RecyClass è nata nel 2010 da un dialogo-confronto tra me e Roberto Alibardi, fondatore di Aliplast. Ci chiedevamo, allora, come poter classificare gli imballaggi in plastica in base a quanto riciclabili fossero. Da quel dialogo è scaturito un embrione di progetto che ho presentato ad un incontro di Plastics Recyclers Europe, associazione nella quale Aliplast era appena entrata a far parte. Con mia sorpresa, il neo-presidente Ton Emans ha subito colto l’importanza dell’idea e mi ha affiancato seduta stante alcuni riciclatori molto esperti, mettendomi a capo di una task-force per realizzare questo progetto.
Nel 2014 è stato lanciato da Plastics Recyclers Europe il tool online
www.recyclass.eu che consente – gratuitamente – di valutare la classe di riciclabilità di un imballaggio in plastica, dalla A (classe migliore) alla F (classe peggiore).
L’utente riceve anche l’informazione di quali parti/componenti dell’imballaggio ne hanno causato un’eventuale declassamento, dando modo all’utente di capire su quali parti concentrarsi per migliorare.
Lo scopo iniziale era – ed in parte lo è ancora – supportare con uno strumento semplice le aziende medio-piccole, che rappresentano la spina dorsale dell’economia europea, nel processo di miglioramento della riciclabilità dei loro imballaggi. Solitamente queste aziende non hanno delle risorse interne specializzate in imballaggi e sono lasciate a loro stesse in queste scelte. Con una discreta sorpresa, fin da subito dopo il lancio abbiamo capito che il maggiore interesse verso lo strumento veniva manifestato da grossi brand i quali, usandolo, capivano quanto le loro nozioni sul riciclo delle materie plastiche non fossero propriamente connesse alla realtà.
Dopo qualche anno in cui il dialogo tra il team di RecyClass ed i grossi brand/converters si era fatto particolarmente intenso, abbiamo deciso di professionalizzare questo servizio, creando una piattaforma (RecyClass Platform), assumendo delle risorse altamente specializzate e preparate ed impiegandole a tempo pieno su due aspetti-obiettivi fondamentali: uniformare le linee-guida sugli imballaggi in plastica in Europa e dare a queste una solida base scientifica, eliminando quindi via via i pareri soggettivi sul tema per sostituirli con dai basati su test scientifici che replicano in scala laboratorio quanto avviene in un processo di riciclo e di ri-trasformazione del riciclato in un nuovo prodotto. Questa evoluzione ha visto e vede compartecipare molti importanti brands, provenienti da diverse aree del mercato, ma anche produttori di tecnologia e di materie prime, oltre a grandi trasformatori. Lo strumento online conta più di tremila utenti attivi.
Quale è il valore aggiunto, il contributo che Recyclass può dare in un momento in cui la plastica è nell’occhio del ciclone per l’inquinamento ambientale pervasivo e i tassi di riciclo insufficienti?
Sono fermamente convinto che la battaglia sulla sostenibilità della plastica, degli imballaggi in particolare, si giochi sugli scaffali. Se gli imballaggi sono progettati in modo da rappresentare a fine vita una vera risorsa in termini di valore, allora ci sarà qualcuno che se ne prenderà cura, avviandoli ad una filiera del riciclo che verrà remunerata da quanto valore potrà generare. Viceversa, se questo non avviene e quindi l’imballaggio esausto rappresenta solo un costo, allora nonostante tutti i sistemi più o meno cogenti o incentivanti, il materiale plastico in esso contenuto sarà sempre considerato un peso per l’economia.
In questo senso RecyClass consente di guidare i produttori di imballaggi verso imballaggi di maggiore valore a fine vita. Da un certo punto di vista, questo è anche il modo per fare della lobby costruttiva nel senso di promuovere anche standardizzazioni nella raccolta-selezione sul territorio europeo. Gli scaffali della Grande Distribuzione Europea sono molto simili tra loro nei diversi Paesi EU, ci troviamo spesso gli stessi prodotti. Perché i sistemi di raccolta e la selezione non debbono essere il più possibile uniformati?
Il fatto che la plastica sia sotto attacco, soprattutto per l’inquinamento marino, non cambia il fatto che, spesso, rappresenti la soluzione con l’uso più efficiente delle risorse, basti pensare al rapporto tra peso del contenitore e peso del contenuto. Questo non deve essere un alibi per disfarsene in modo dannoso per l’ambiente. RecyClass da questo punto di vista mira a supportare in modo concreto le aziende che vogliano veramente trasformare i propri imballaggi plastici in imballaggi circolari. Questo significa elevare la qualità della materia plastica – rifiuto in modo da produrre materie prime seconde di qualità più alta a costi minori, rendendo sempre più la materia plastica riciclata succedanea della materia plastica vergine.
Quali sono i vantaggi complessivi per industria che aderisce e quali sono gli effetti che possono esserci a livello di comunicazione marketing e anche rispetto ad un potenziale greenwashing che le aziende possono esercitare sul packaging?
Come dicevo prima, uno degli scopi della piattaforma RecyClass è quello di uniformare le linee-guida sul design-for-recycling in Europa e questo sottintende anche una uniformazione relativa alle definizioni. All’interno della piattaforma abbiamo creato anche una task-force che sta lavorando sulla creazione di linee-guida per i cd. “recyclability claims”, ovvero un insieme di istruzioni sui comportamenti corretti da utilizzare in sede di dichiarazioni relative alla riciclabilità degli imballaggi in plastica. Se consideriamo che nella piattaforma ci sono i principali brands mondiali di FMCG, è facile immaginare come questo documento possa diventare una specie di disciplinare condiviso.
Al di là di questo, la valutazione relativa alla classe di riciclabilità può essere apposta all’imballaggio solo previo certificazione, ovvero la analisi condotta on-line dall’utente deve essere validata da un auditor autorizzato che ne verifichi la veridicità ed attinenza al caso specifico. Solo dopo questo passaggio al richiedente è concesso l’uso del logo con la classe ottenuta.
In cosa si differenzia da progetti di etichettatura che hanno interessato gli imballaggi di plastica in diversi paesi allo scopo di informare sulle probabilità che un determinato imballaggio aveva di venire realmente riciclato?
Spesso i sistemi di etichettatura sugli imballaggi non si riferiscono alla riciclabilità, ma al fatto che una determinata tipologia di imballaggio vada conferito all’interno di una determinata raccolta. Si ragiona in questo caso sulla categoria cui l’imballaggio appartiene (ad esempio tratto tutti i flaconi in polietilene ad alta densità HDPE allo stesso modo, perché i flaconi di HDPE in una determinata area sono raccolti e, sperabilmente, “widely recycled”. Un esempio è lo schema OPRL –On Pack Recycling Label in Inghilterra .
Ciò che invece RecyClass fa è valutare il singolo imballaggio e non la sua appartenenza ad una categoria che, normalmente, viene raccolta e avviata a riciclo. Solo così si può aumentare la qualità dei rifiuti da riciclare, dare una definizione generalistica “widely recycled” ad una categoria non permette di avviare quella sana competizione tra produttori che consente il miglioramento continuo della riciclabilità. Sono “widely recycled”, allora perché devo migliorare? Da notare che un imballaggio – nell’esempio un flacone HDPE – che abbia un design pessimo che lo rende irriciclabile, spesso sarà etichettato come “widely recycled” perché appartiene ad una categoria che viene raccolta e, spesso riciclata.
Può indicarci, in poche parole, come sia possibile una valutazione del grado di riciclabilità di un imballaggio accedendo alla piattaforma dello schema e di quali dati si debba preventivamente disporre?
E’ molto semplice: si accede al tool online (
www.recyclass.eu) al quale ci si deve registrare con email e password. Lo strumento guida l’utente con delle domande a risposta multipla, dietro le quali si “nascondono” le linee-guida sul design-for-recycling che sono il cuore di RecyClass.
Occorre avere di fronte a sé l’imballaggio da valutare, completo delle informazioni relative alla sua composizione. Solo nella parte finale verrà chiesto di effettuare dei test (10) di svuotamento dell’imballaggio per misurare quanto residuo di contenuto resta alla fine dell’operazione, fattore che compartecipa alla valutazione sulla riciclabilità. Questa viene definita auto-analisi, intendendo che ogni utente può farla da sé. Quando invece l’utente intende utilizzare il logo RecyClass sull’imballaggio valutato e con la classe ottenuta, deve fare verificare e certificare la propria auto-analisi da un auditor autorizzato RecyClass. Al termine della certificazione vengono rilasciati logo e certificato da poter apporre sull’imballaggio. Il processo di certificazione viene condotto sulla base di una metodologia che, come per tutti i documenti utilizzati nella Piattaforma, è di pubblico dominio e visionabile dal sito di RecyClass.
Quali sono le variabili che entrano in gioco in fase di progettazione di un imballaggio? Quali possono rendere più laborioso e costoso il processo di riciclaggio e influire sul “punteggio” ovvero la classe che RecyClass assegna?
Ci sono imballaggi per i quali non esiste una filiera di raccolta-selezione-riciclo e questi finiscono direttamente in classe F, di solito dopo le prime domande poste dal tool. Per gli altri imballaggi, che rientrano invece nelle filiere, le domande vanno a valutare i singoli componenti o combinazioni, variando a seconda della tipologia dell’imballaggio valutato. Evidentemente le domande su una bottiglia in HDPE saranno diverse da quelle su un film flessibile, perché diverse sono le linee-guida sottostanti. L’uso dell’etichetta sbagliata (ad esempio in PVC su una bottiglia in PET) causa pesanti declassamenti, mentre un’etichetta non ottimale ma tollerata (come quelle di carta) causa la perdita di un solo livello nella scala di valutazione.
Per ogni componente e sue combinazioni ci sono delle scelte preferite in quanto non impattano sui processi di selezione-riciclo (verde nelle linee-guida), delle scelte tollerate in quanto hanno un impatto limitato e gestibile (arancio nelle linee-guida) o non tollerate affatto in quanto mettono a rischio la riciclabilità dell’imballaggio (rosso). L’elenco di queste componenti è lungo e varia a seconda della categoria di imballaggio, può andare dal materiale di cui è fatto il corpo dell’imballaggio, fino ai collanti ed ai materiali usati per le etichette, ai materiali con cui sono fatti i tappi/chiusure o i film di sigillatura, la quantità e qualità di inchiostri usati per le stampe, gli eventuali materiali utilizzati per dare maggiore barriera alla luce o ai gas e così via. Le linee-guida sono documenti tecnici, di difficile lettura per chi non è del settore. Il tool online nasce per rappresentare un’interfaccia semplice a favore dell’utente non tecnico.
Come hanno rilevato studi e sondaggi tra cui il Progetto SCELTA, la preoccupazione sull’inquinamento da plastica ha indotto buona parte dell’opinione pubblica a credere che la biodegradabilità di un materiale/manufatto equivalga ad un ridotto impatto ambientale. Come stanno affrontando i brand con cui siete in contatto questo “sentiment plastic free”?
Per quello che è il mio punto di osservazione, vedo che i brand – ingiustamente posti in fondo alla classifica dei soggetti di cui fidarsi, da quanto risulta dall’indagine effettuata all’interno del Progetto Scelta – se opportunamente “illuminati” cercano di basare le proprie scelte su dati e quindi sull’uso razionale delle risorse. Da questo punto di vista, spesso la plastica “tradizionale” rappresenta la migliore soluzione tra quantità di risorse impiegata e risultato ottenuto, mentre la plastica biodegradabile non offre spesso una soluzione migliorativa rispetto alla plastica tradizionale. In ogni caso va raccolta separatamente per essere avviata in impianti dedicati per cui nulla di diverso rispetto alla plastica tradizionale. Al di là di operazioni di immagine, il vero punto non è quindi se usare plastica o meno ma come utilizzarla per conservarne i vantaggi, eliminandone l’aspetto negativo dato dal littering, che si lega spesso alla non riciclabilità e al valore negativo del rifiuto irriciclabile. Da questo punto di vista, credo la Piattaforma RecyClass sia la testimonianza vivente dell’impegno dei brands e dell’industria del packaging nel voler trovare delle soluzioni vere al problema. E’ un impegno recente ma particolarmente sostenuto. E’un peccato che il consumatore medio non possa vedere cosa succede “dietro le scene” ma sarebbe sorpreso di vedere quante risorse siano oggi dedicate a questo tema.
Come procede l’adesione dei marchi? Considerato che le linee guida per il riciclo esistono da tempo e che RecyClass è uno schema volontario quali misure legislative e fiscali sarebbero necessarie per rendere più circolare il fine vita degli imballaggi in plastica?
Come dicevo, l’adesione è molto alta e procede a ritmi importanti. E’ vero che alcune linee-guida esistono da parecchi anni, credo le prime siano degli anni ’90 da parte del EPR tedesco, ma la sensibilità vera sul tema è scoppiata un paio di anni fa. Da allora l’impegno di brands ed industria è diventato serrato e reale. Tutto ad un tratto si è scoperto che mancano degli standard condivisi (non abbiamo ancora una definizione condivisa di cosa significhi "riciclabile", relativamente a definizioni, metodologie di prova, dichiarazioni legate alla riciclabilità. Tutto questo, se deve essere fatto bene, richiede tempo e lavoro.
Dal punto di vista normativo vedo che la Commissione EU si sta muovendo in modo coerente e credo la Plastic Strategy pubblicata a gennaio 2018 sia un testo importante e con un approccio concreto al tema. Al suo interno si prevede la definizione degli Essential Design Requirements legati agli imballaggi, cioè verrà definito per legge le cose che non vanno fatte in sede di progettazione di un imballaggio. Questo sicuramente aiuterà ad evitare gli sprechi più macroscopici di risorse e supporterà un percorso di maggiore standardizzazione. Sicuramente la previsione di quantità obbligatorie di materiale riciclato nei prodotti/imballaggi sarà un fattore determinante per trainare la circolarità delle plastiche.
Dal punto di vista fiscale, degli sgravi (IVA agevolata, crediti di imposta per gli acquirenti, etc.) legati all’acquisto di materiale riciclato potranno aiutarne la diffusione sui diversi mercati. Da non dimenticare una leva quasi-fiscale ovvero il contributo ambientale per i beni inseriti in contesti di responsabilità estesa del produttore. La sua modularità legata alla riciclabilità del singolo imballaggio sicuramente sarà una leva per incentivare le imprese ad investire sulla riciclabilità, fatto che si tradurrà anche in una maggiore efficienza dei sistemi EPR stessi che potranno vedere migliorato il rapporto costi/ricavi da questa evoluzione. Anche uno sconto sul contributo legato alla quantità di materia plastica riciclata (lo stanno facendo in Francia) sicuramente si inserisce in questo tipo di strumenti a favore di una maggiore circolarità delle plastiche.
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