18 marzo 2016 08:10
Se il Mezzogiorno è ancora indietro nel riciclo di materie plastiche, non è per mancanza di infrastrutture, che anzi sono all’avanguardia. Il problema è, piuttosto, nella difficoltà di organizzare sistemi efficienti di raccolta differenziata e, in parte, nella qualità del materiale conferito agli impianti di selezione e riciclo.
Per sfatare il mito di un sud arretrato, per quanto concerne selezione e riciclo, Corepla ha invitato la stampa - tra cui la nostra testata - a visitare tre eccellenze campane (e una quarta, Ambiente, inaugurerà un nuovo impianto in aprile): SRI e Di Gennaro nella selezione di materie plastiche da RSU ed Erreplast per quanto concerne la rigenerazione e riciclo del PET, partendo da balle di bottiglie e flaconi proveniente da selezione. Impianti tra i più moderni ed efficienti, e non solo a livello nazionale. Il tour Corepla è alla seconda tappa, dopo la visita di Montello, in Lombardia, organizzata alla fine dell’anno scorso.
SRI-ERREPLAST. Con sede a Gricignano di Aversa (CE), divise solo da una cancellata, le due società del gruppo D&D Holding sono controllate dai fratelli Nicola e Antonio Diana (nella foto), figli di Mario Diana, trasportatore di poliestere per conto di Montefibre e di rifiuti in PET, ucciso dal Clan dei casalesi nel 1985 perché non voleva piegarsi alle logiche criminali. SRI (Società Recupero Imballaggi) si occupa della selezione dei rifiuti plastici in un modernissimo impianto sottoposto l’anno scorso ad un radicale intervento di revamping, che ha raddoppiato la capacità, ora pari a 95mila tonnellate annue (circa 40.000 t solo le plastiche), ovvero 14 tonnellate ora.
Guardare l’impianto in funzione è uno spettacolo, con i nastri che corrono veloci e s’intersecano su quattro livelli, passando nelle diverse stazioni (un vaglio rotante, due vagli balistici, 10 detettori ottici) fino ad approdare alle 15 postazioni dove avviene l’ultima selezione manuale delle bottiglie.
Partendo dai rifiuti d’imballaggio in plastica, alla fine della linea si ottengono tre distinte qualità di bottiglie PET (clear, azzurro e altri colori), flaconi di HDPE (foto a destra), film e sacchetti in polietilene e - tra qualche giorno - anche confezioni tetrapak, tutti rigorosamente suddivisi e praticamente privi di corpi estranei. Ai selezionatori Corepla paga 210 euro a tonnellata il PET selezionato e 75 euro a tonnellata il plasmix, ovvero la plastica indifferenziata destinata a recupero energetico. Il revamping dell’impianto - oggi il più moderno in Italia - ha richiesto un investimento intorno ai 7 milioni di euro e altri due milioni circa sono già in programma per migliorarne ulteriormente l’efficienza.
DALLA BOTTIGLIA ALLA SCAGLIA. Passato un cancello si trova la seconda società della famiglia Diana, Erreplast, che effettua l’operazione successiva: parte dalle balle di bottiglie e ottiene, al termine del processo, una scaglia di PET ceduta ai trasformatori (da due anni solo italiani), che riutilizzano il poliestere - non più rifiuto, ma materia prima seconda - per produrre fibre o foglia per termoformatura. L’impianto è in grado di trattare 20mila tonnellate annue di bottiglie post-consumo, pari a circa 2.700 kg/h. E per aumentare la resa, Erreplast ha investito 1,5 milioni di euro dotandosi di una moderna linea Amut che elimina, all’inizio del ciclo, etichette e sleeves dalle bottiglie. In questo modo la resa è tornata sui livelli di 15 anni fa, prima cioè che le etichette integrali invadessero il mondo del beverage, aumentando la quantità di scarto poiché PVC e polistirene sono incompatibili con il PET in fase di trasformazione.
Dopo la rimozione delle etichette, le bottiglie subiscono un lavaggio in acqua calda, per poi passare ad un controllo qualità automatico e poi manuale, al fine di eliminare eventuali corpi estranei; quindi sono sottoposte ad un secondo lavaggio, rimozione della colla e, infine, sono trasferite alla depolverazione e successiva macinazione, dove i grandi trituratori operano all’interno di una cabina sigillata per evitare emissioni di polveri e rumore. Alla fine del ciclo, le scaglie passano una selezione ottica, per verificarne la purezza (il valore di riferimento è 50 ppm, ovvero il PET deve essere presente al 99,99%), quindi vengono pesate e imballate per la spedizione ai clienti. Circa un terzo del materiale è destinato a fibra-fiocco di poliestere con applicazioni nell’industria automobilistica, tessile e dell’arredamento; il resto è destinato alla produzione di foglia per termoformatura e, in parte, alla produzione di reggette.
Complessivamente, il polo di Gricignano di Aversa (CE) è in grado di riciclare ogni anno 17.500 tonnellate di bottiglie PET, evitando l’emissione in atmosfera di 103.500 tonnellate di CO2 e sottraendo alla discarica qualcosa come 840mila metri cubi di rifiuti. Che in un’area fragile come la Campania non è poco.
CENTO ANNI DI STORIA. Il tour Corepla è proseguito nel pomeriggio con la visita ad una altro importante selezionatore campano, Di Gennaro Spa, che può vantare addirittura un secolo di storia nel trattamento dei rifiuti, quindi ben prima della produzione in massa della plastica. L’attività, infatti, risale al 1915 quando Salvatore Di Gennaro avvia un’attività di recupero di metallo, stracci, vetro e carta nel centro storico di Napoli. Quattro generazioni si sono poi date il cambio, trasformando un’attività poco più che artigianale in una moderna azienda di servizi ambientali, che oggi si articola in due siti produttivi, a Caivano e Secondigliano, su una superficie di oltre 40.000 metri quadrati, dando lavoro a 90 addetti.
L’impianto per la selezione degli imballaggi in plastica da raccolta differenziata è molto simile a quello di SRI, ma aggiunge ai prodotti selezionati e ritirati da Corepla anche il polipropilene e il PVC ottenuto dal trattamento delle tapparelle, oltre che le poliolefine provenienti dalle cassette. La resa al termine del processo si attesta intorno al 60%, mentre il resto (plasmix) viene avviato a termovalorizzazione.
ALTRE DUE REALTÀ CAMPANE. Parlando di gestione dei rifiuti plastici in Campania non si possono dimenticare due importanti realtà del territorio. La prima è Ambiente del Gruppo Bruscino, con sede a San Vitaliano (NA), recentemente premiata ad Ecomondo nella categoria Green Economy. L’impianto di selezione è stato sottoposto di recente ad un radicale intervento di revamping, che prevede l’implementazione di venti selettori ottici di ultima generazione (forniti da Pellenc ST) che andranno ad automatizzare l’impianto meccanico esistente. Il progetto è stato messo a punto da Vauché Bioma Italia, l’inaugurazione è prevista in aprile. A regime l’impianto avrà una capacità di trattamento pari a 70mila tonnellate annue di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata.
La seconda eccellenza campana è NappiSud, con sede a Battipaglia, costituita nel 1992 con 4 dipendenti, diventati negli anni 200. Centro intermodale, Nappisud svolge ad oggi attività di selezione, recupero e logistica per plastica, carta, legno, oli esausti e PFU. Anche questa azienda ha pianificato nuovi investimenti nei prossimi mesi.
IL SUD RISORGE. “C’è un numero che da solo fornisce l’evidenza del cambiamento in atto: Sud +14%. E’ lo straordinario dato Corepla per l’anno 2015 che indica l’incremento delle raccolte differenziate degli imballaggi in plastica nel Sud d’Italia - sottolinea Giorgio Quagliuolo (nella foto a destra), Presidente Corepla -, In Campania, nel volgere di pochi anni, si è passati dall’emergenza nella gestione dei rifiuti urbani ad una raccolta differenziata degli imballaggi in plastica pro capite solo di poco inferiore a quella della Lombardia”.
Corepla ha diffuso nel corso del tour anche i primi dati relativi al riciclo di imballaggi in plastica nel 2015 (leggi articolo).
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Il compounder veneto ha collaborato alla messa a punto della nuova gamma di pallet Poseidon realizzati con materiale riciclato, che in futuro potrebbe utilizzare.