20 dicembre 2019 16:28
Domenica e lunedì la Camera dei deputati esaminerà - e con tutta probabilità voterà senza modificarla - la manovra di Bilancio ("Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”), che tra tra le sue pieghe contiene anche la famigerata tassa sui MACSI (manufatti con singolo impiego in plastica), meglio nota come plastics tax (dal comma 634 al 658 dell’articolo unico, scaricabile in allegato). Il testo è già stato approvato in Senato, con il maxi emendamento del Governo, e non ci sono i tempi tecnici per eventuali correzioni, che richiederebbero un nuovo passaggio parlamentare.
In sintesi, si tratta di una imposta di 45 centesimi di euro per chilogrammo di Macsi, che non si applicherà alle bioplastiche compostabili, alle plastiche riciclate, nè ai dispositivi medici o ai manufatti adibiti a contenere e proteggere preparati medicinali. Scatterà il 1° luglio, con primo versamento trimestrale in ottobre.
Contro la nuova tassa si sono espressi in modo praticamente unanime - pur con sfumature diverse - il mondo industriale, gli artigiani, la distribuzione, le associazioni dei consumatori e perfino i sindacati. Quasi tutte le associazioni ambientaliste ritengono la misura non idonea a produrre benefici ambientali, mentre gli effetti deleteri su produzione e occupazione sembrano certi.
Alcuni grandi gruppi che operano nel settore del beverage, doppiamente colpiti da plastics tax e sugar tax (altri 10 centesimi al litro o 25 per ogni chilo di prodotto), hanno annunciato la sospensione degli investimenti e in qualche caso ventilato anche una delocalizzazione degli impianti in paesi meno ostili. Coca-cola HBC Italia ha minacciato di fermare programmi di investimenti, quasi 50 milioni nel 2020, e nuove assunzioni in caso di approvazione del provvedimento, a causa del peso insostenibile sui bilanci della società, stimati in 160 milioni di euro l’anno, oltre tutto in uno scenario di mercato che vede la domanda di bevande in continuo calo ormai da qualche anno.
San Pellegrino (Nestlè) si attende un calo del 7% sui consumi di acqua minerale e del 14% sulle bibite, mentre Conserve Italia, cooperativa emiliana operante nel settore dei succhi di frutta e verdure in scatola (sono suoi i marchi Valfrutta, Cirio, Yoga e Derby per citare i più noti), ha calcolato che la tassa sullo zucchero costerà ogni anno 18 milioni di euro e quella sulla plastica 2 milioni, su un fatturato di 900 milioni di euro: per ogni bottiglia di plastica di succo di frutta da un litro, il rincaro sarà mediamente del 35%.
Più in generale, l’associazione di settore, Assobibe, stima l’impatto della plastics tax in un aumento del 60% del costo di approvvigionamento del materiale plastico per il confezionamento delle bevande, mentre in termini occupazionali potrebbe costare migliaia di poti di lavoro: 5.000 nella filiera, di cui oltre 1.500 a monte (fornitori di materie prime agricole, macchinari, ingredienti ecc.) e oltre 2.000 posti di lavoro a valle (commercio, trasporti ecc.).
Contro la manovra si è schierata anche Unionplast, l'associazione di Federazione Gomma Plastica che rappresenta le aziende che trasformano materie plastiche, comparto che conta 3mila aziende e quasi 50mila addetti. Secondo Angelo Bonsignori, Direttore Generale della Federazione: "Con questa tassa, anche in versione ridotta (inizialmente era stata fissata in un euro al kg), si complicano notevolmente le condizioni che finora ci hanno permesso di mantenere l’occupazione e il primato industriale italiano nella trasformazione della plastica; tutto ciò senza apportare alcun beneficio concreto all’ambiente”.
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