30 settembre 2016 08:19
Nella chimica, l’Italia torna ad essere prima e non è un caso che ciò avvenga nella chimica verde, dove abbiamo ancora qualcosa da dire. È infatti italiano il primo impianto su scala industriale per la produzione di 1,4 butandiolo (BDO) da risorse rinnovabili (bioBDO), acceso nel mese di luglio e inaugurato in pompa magna oggi da Novamont con un convegno a Taglio di Po, in provincia di Rovigo (i dettagli sull’impianto).
BIOPLASTICHE PIÙ BIOBASED. La capacità produttiva è pari a 30mila tonnellate annue, oltre la metà delle quali sono destinate all’unità di esterificazione di Patrica, in Lazio, dove insieme all’acido azelaico prodotto a Porto Torres da Matrìca (JV con Versalis) serviranno a produrre poliestere biobased Origo-bi. Componente che, aggiunto al biopolimero a base amidacea prodotto a Terni, consente di ottenere una bioplastica (Mater-bi di IV generazione) con un elevato contenuto biobased, calcolato come quantità di carbonio C14 da biomasse.
PER SHOPPER E ULTRALEGGERI. I primi due gradi messi a punto da Novamont - destinati a shopper e sacchetti ultraleggeri per ortofrutta - saranno presentati nei prossimi giorni al K2016 e avranno un contenuto biobased superiore al 60%, rispetto al 30-40% dei gradi convenzionali. Oltre al maggior contenuto di rinnovabili, afferma l’azienda novarese, il Mater-bi di quarta generazione offre anche maggiore tenacità e trasparenza rispetto ai gradi precedenti.
“Con la IV generazione Mater-bi possiamo arrivare al 70% e, con ingenti investimenti, anche al 100% di contenuto biobased (V generazione) - sostiene il CEO di Novamont, Catia Bastioli -. La tecnologia è oggi disponibile, ma occorre che vi sia una domanda che giustifichi la realizzazione di nuovi impianti”. Nella fattispecie, ciò che ancora manca per chiudere il cerchio è la componente aromatica del poliestere, ovvero l’acido tereftalico, allo studio in diversi laboratori in tutto il mondo, tra cui - nel nostro paese - quelli di Novamont e di Mossi e Ghisolfi (che punta ad un PET 100% biobased).
LA FRANCIA SPINGE. La crescita della domanda di bioplastiche sempre più biobased, oltre che biodegradabili e compostabili, trarrà un forte impulso dalla legge francese sulla transizione energetica, che impone ai sacchetti per la spesa un contenuto di rinnovabili crescente: si parte infatti dal 30% nel 2017 per toccare il 50% nel 2020 ed arrivare al 60% a partire dal 2025. Soglia già raggiunta dai nuovi gradi Mater-bi. Un mercato, quello francese, che potrebbe valere da solo circa 20-25mila tonnellate di bioplastica.
”Stiamo già sperimentando i nuovi gradi presso alcuni trasformatori, nostri partner, per conto di catene della GDO italiane e francesi - conferma Andrea Di Stefano, responsabile della comunicazione Novamont -. E se la domanda dovesse aumentare, siamo pronti ad attivare anche la seconda linea biopoliestere a Patrica”.
NON SOLO PLASTICA. L’1,4 butandiolo è un intermedio chimico molto versatile e trova numerose applicazioni: restando nel settore delle materie plastiche, viene utilizzato per esempio nella sintesi del PBT, di poliuretani e poliesteri per lastre rigide, oltre che di fibre spandex. Novamont sta cercando, per la quota di capacità produttiva non utilizzata internamente, partner interessati a condividere la visione Novamont sullo sviluppo di infrastrutture per la bioeconomia. “Ci stiamo guardando intorno - ammette Bastioli -, la qualità e purezza del bioBDO prodotto a Bottrighe ci rendono molto ottimisti sulla possibilità di saturare le capacità, nonostante i prezzi del BDO da risorse fossili siano oggi ai minimi storici a causa delle basse quotazioni del petrolio”.
COSTI E BENEFICI. Sul fronte dei costi, Bastioli ritiene che il BDO biobased prodotto a Bottrighe sia concorrenziale con quello convenzionale prodotto con nuovi impianti, a condizione che debbano - come quello di Mater-Biotech - ammortizzare gli ingenti costi di realizzazione. Ma la domanda di un intermedio biobased non è detto che segua le stesse logiche dei prodotti convenzionali: la richiesta potrebbe venire dall’esigenza di produrre materiali più sostenibili, oppure per rispondere a normative più restrittive, ma anche per migliorare l’impronta al carbonio di un prodotto, qualora vengano adottati sistemi di tassazione più restrittivi sulle emissioni di CO2.
Sotto questo aspetto, il bioBDO prodotto nel nuovo impianto italiano, si caratterizza per emissioni inferiori del 56% rispetto all’omologo ottenuto da butano, anche grazie all’ottimizzazione dei costi energetici attraverso la cogenerazione e l’utilizzo di sottoprodotti del processo di fermentazione per la produzione di biogas.
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