3 giugno 2019 07:34
Riceviamo e volentieri pubblichiamo, con una sola dovuta precisazione, visto che siamo stati chiamati in causa: Polimerica non ha “attaccato” l’Università di Pisa, né ha forzatamente associato il nome dell’Ateneo alla ricerca del team del Prof. Claudio Lardicci e della Dott.ssa Elena Balestri: è lo stesso ateneo toscano, infatti, ad aver comunicato sulla sua pagina di notizie, UnipiNews, i risultati della ricerca, dandone così ampia risonanza anche mediatica. Nulla di strano che nel mondo accademico vi siano posizioni diverse su un tema, dato che ciò è parte della normale dialettica insita nella ricerca scientifica.
Egregio Direttore,
Le scrivo in relazione al vostro articolo pubblicato il 23 maggio 2019 dal titolo “Sacchetti bio dannosi per le piante?” (leggi articolo).
Desidero esprimere il mio rammarico per la scelta giornalistica della vostra rivista di associare il nome dell’intera Università di Pisa ad un studio condotto da un team del Prof. Claudio Lardicci e della Dott. ssa Elena Balestri del Dipartimento di Biologia e pubblicata sulla rivista scientifica “Ecological Indicators”.
Una pubblicazione che ha avuto un forte impatto mediatico ma che non ha tenuto conto degli studi che sono stati svolti negli ultimi 25-30 anni, presso altri dipartimenti della stessa università e in particolare presso il DICI (Dipartimento Ingegneria Civile ed Industriale), attraverso ricerche finanziate dalla Commissione Europea grazie ad oltre 20 progetti europei negli ultimi dieci anni, in cooperazione con biologi e chimici di altre università e centri di ricerca italiani ed europei. In particolare presso il DICI sono attualmente in corso ricerche volte a mettere a punto materiali basati su polimeri compostabili e biodegradabili anche in terreno e ne sta valutando i possibili effetti di ecotossicità su piante e specie animali in vari ambienti, compreso l’ambiente marino.
Il forte impatto mediatico e anche la risposta della società Novamont (leggi articolo), peraltro condivisibile nel merito, che accusa l’intera Università di Pisa di “inventarsi nuove metodologie per determinare l'effetto negativo dei sacchi compostabili” impone una doverosa replica scientifica su quanto è stato scritto nell’articolo del Prof. Lardicci.
La definizione di biodegradabilità - se non riferita a condizioni specifiche e tempistiche definite - da sola ha poco senso. Per questa ragione sono necessarie precise norme quale le UNI EN 13432, e standard quali ISO 14855-1 per la biodegradazione in compost, ISO 17556 per biodegradazione in terreno o la ISO 14852, o 14851 per ambiente in acqua dolce, lo stesso vale per il concetto di tossicità su flora e fauna, la cui determinazione fa riferimento a precisi standard e norme. D’altra parte vari prodotti considerati fertilizzanti e nutrienti se forniti in eccesso a piante o animali hanno un effetto inibente o addirittura tossico.
Il pubblico deve essere correttamente informato ed educato a non abbandonare materie plastiche, anche se compostabili, nell’ambiente e invece conferirle, come altri rifiuti, alla raccolta differenziata.
Nel campo della ricerca deve essere conservata la libertà di proporre nuove metodologie anche per lo studio della tossicità su flora e fauna o proporre miglioramenti alle norme e agli standard esistenti. Le nuove idee devono essere sottoposte al vaglio del libero dibattito scientifico e portare eventualmente a nuovi standard. Quello che non è corretto è trarre e diffondere delle conclusioni generiche che provocano allarme generalizzato nel pubblico utilizzando metodologie che non hanno avuto la necessaria verifica scientifica a livello internazionale.
Non è però neanche corretto attaccare una intera Università per la pubblicazione di uno studio le cui conclusioni sono di esclusiva responsabilità di chi firma l’articolo.
Cordiali saluti
Prof. Ing. Andrea Lazzeri
Professore Ordinario di Scienza e Tecnologia dei Materiali
S.S.D. ING-IND/22
Dipartimento di Ingegneria Chimica e Industriale
Università di Pisa
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