I produttori di sacchetti e quelli di film plastici si uniscono a EuPC nel condannare la messa al bando passata in Italia. E suggeriscono il modello inglese...
13 gennaio 2011 14:50
Il timore che il bando agli shopper non biodegradabili introdotto in Italia possa “contagiare” il resto d'Europa sta spingendo le associazioni che rappresentano i trasformatori di plastica a prendere posizione contro la normativa italiana, accusata di violare la direttiva europea sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.
A Unionplast, che da tempo si batte in Italia contro il divieto, si sono unite in questi giorni anche EuPC, federazione dei trasformatori europei di plastiche, e le associazioni inglesi Carrier Bag Consortium (CBC, che riunisce i produttori di shopper) e PAFA (produttori di film e imballaggi).
Ignorati studi e ricerche. Secondo il direttore di CBC, Paul Marmot, il Governo italiano avrebbe dovuto quanto meno valutare gli studi, durati oltre due anni, promossi dal parlamento scozzese quando si è trovato a decidere se promulgare analoghe misure contro i sacchetti in plastica, sotto la pressione degli ambientalisti. “Le evidenze scientifiche indicano che i sacchetti in polietilene sono così efficienti che la loro sostituzione con borse più pesanti o con prodotti biodegradabili non solo presenta un maggior impatto in termini di trasporti e logistica, ma potrebbe anche aumentare le emissioni di gas ad effetto serra”. Secondo Marmot, avrebbe più senso continuare a utilizzare i sacchetti in plastica e riciclarli al termine della loro vita utile.
Meglio accordi volontari. Per Barry Turner, direttore di PAFA ( Packaging and Films Association), ci sarebbero gravi pecche nelle argomentazioni utilizzate contro i sacchetti in plastica e la loro messa bando; e una tale decisione, se priva di supporto scientifico, violerebbe chiaramente la normativa europea. Invece della messa al bando o dell'introduzione di tasse – i cui effetti positivi, in termini di riduzione dell'impatto ambientale, non sono mai stati provati – sarebbe meglio adottare accordi volontari, come è stato fatto nel Regno Unito - nota Turner. Incoraggiando i consumatori a riutilizzare più volte i sacchetti si è ridotto il loro consumo anche del 50-70%. Più di recente, si stanno diffondendo, presso i punti vendita, appositi contenitori per la raccolta dei sacchetti da avviare al riciclo. E con la plastica rigenerata, si possono produrre nuovi shopper, in una sorta di circuito chiuso virtuoso.
“Questi risultati si possono ottenere senza penalizzare i produttori, nel pieno rispetto della direttiva sui rifiuti – aggiunge Barry Turner – in accordo con il principio 'riduci, riusa e ricicla'”.
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All'Assemblea annuale, Consorzio C.A.R.P.I. ringrazierà la filiera del riciclo di rifiuti plastici per il coraggio di fare impresa in Italia a dispetto di un contesto a dir poco sfavorevole.