20 settembre 2016 07:45
Più di cinquemila container contenenti merci “italiane", per la maggior parte prodotti finiti e componentistica in importazione, per un valore complessivo quantificabile fra i 300 e i 350 milioni di dollari, sono bloccati sulle banchine dei porti o nelle stive delle navi della compagnia marittima Hanjin, fallita nelle scorse settimane .
L'allarme è stato lanciato da Alessandro Laghezza, presidente di Ligurian Logistic System e consigliere nazionale di Fedespedi e di Confetra. L'operatore spezzino afferma che il crac della compagnia sudcoreana Hanjin "non è più, e non è mai stato, un problema solo per il mondo che ruota sui porti e sulle rotte del trasporto marittimo.
È un problema serissimo per l'economia italiana che, come quella dei maggiori paesi europei, lega il suo funzionamento a un regolare flusso di approvvigionamenti e che ora si trova a fare i conti con la 'merce prigioniera' e con due rischi incombenti. Da un lato, quello della paralisi di alcune importanti catene produttive di primarie industrie italiane comunque con un aggravio dei costi a carico della merce; dall'altro, un rinvio a tempo indeterminato delle importazione dei beni di consumo (in primis prodotti elettronici) provenienti dai paesi asiatici e destinati alla grande distribuzione italiana".
Laghezza spiega che, benché in tempi stretti, tutti gli operatori italiani e la Federazione nazionale spedizionieri (Fedespedi) si siano attivati per accelerare lo sblocco di queste merci e la prosecuzione a destino, anche attraverso l'assunzione diretta di responsabilità e la sottoscrizione di fideiussioni, la situazione è ben lontana dalla normalità.
Oltre ai 2.000-2.500 container già sbarcati sulle banchine, almeno altrettanti sarebbero ancora a bordo di tre navi di Hanjin in mare aperto. Per questo Laghezza parla di "una situazione che già oggi minaccia più di cento posti di lavoro, ma che potrebbe aggravarsi. Una situazione che richiede un immediato sforzo diplomatico del governo italiano su quello coreano, ma anche l'adozione di misure straordinarie e l'adozione di tutti gli strumenti possibili per ridurre l'impatto sia sul comparto portuale e logistico sia sull'intera filiera produttiva".
Alle parole dell'imprenditore spezzino hanno fatto eco quelle di Bartolomeo Giachino, attualmente presidente della casa di spedizioni Saimare, che ha invitato il ministro dei trasporti Graziano Delrio a convocare un Tavolo di crisi con il ministro degli esteri Paolo Gentiloni per affrontare le gravi ricadute sull'economia italiana della crisi di Hanjin. "Ci sono 5 mila container fermi, per un valore di circa 500 milioni di euro e alcune aziende italiane in attesa della merce sono già state costrette a ricorrere alla cassa integrazione" ribadisce Giachino. Il collasso finanziario della settima compagnia mondiale di trasporto container potrebbe innescare, secondo Giachino, un pericoloso "effetto domino" per l'economia italiana. "La crisi sta creando molti problemi a aziende e lavoratori", ha concluso.
Nicola Capuzzo - per gentile concessione di TrasportoEuropa
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