16 maggio 2016 15:24
La nuova proprietà di Sandretto, la holding franco-belga Photonike, sta tentando di far ripartire l’azienda destreggiandosi tra i piani industriali da rispettare, come concordato con Regione Piemonte (che detiene il marchio attraverso la finanziaria Finpiemonte) e un conflitto interno con la rappresentanza sindacale in azienda.
Lo sciopero indetto il 6 maggio scorso dalla RSU in concomitanza con un vertice in Regione Piemonte per fare il punto sull’avanzamento del piano industriale, non è piaciuto all’azienda, che lo ha bollato come “strumentale e anacronistico, visto l'avanzato stato della discussione in atto sul futuro della azienda, dopo la scadenza degli ammortizzatori sociali prevista per settembre 2016".
“Negli ultimi due mesi, corrispondenti con la prevista salita produttiva della nuova Serie Dieci e il relativo richiamo di operai al lavoro, i sindacati hanno indetto ben tre scioperi, per lamentare la mancata produzione, proprio nel periodo in cui l’azienda ha aumentato a doppia cifra le ore lavorate - spiega Sandretto in una nota -. Questa è la dimostrazione palese e paradossale di quanto l’interesse di una parte dei sindacati e dei lavoratori non sia il ritorno alla piena produttività, ma la continuazione di uno status quo basato sul sussidio governativo per cui il nome Sandretto è ormai una scusa usata da molti anni”.
Non sono state gradite, in particolare, le motivazioni addotte per lo sciopero, proclamato con soli due giorni di preavviso: “la dichiarazione riguardante le irregolarità nella fruizione di permessi e ferie è, oltre che falsa, diffamante in quanto l’azienda si attiene scrupolosamente alle normative in vigore ed agli accordi nazionali vigenti in merito - continua la nota -. Le motivazioni dichiarate per lo sciopero fanno riferimento ad accordi stipulati con la precedente Romi Italia, che non sono stati contrattualmente recepiti dalla Sandretto Spa- con l’acquisto del ramo di azienda ceduto - e nemmeno sono stati negoziati con i sindacati”.
Tanto basta per spingere i vertici dell’azienda piemontese a chiudere ogni colloquio sindacale con le rappresentanze locali della Fiom “in quanto l’uso di false e provocatorie motivazioni per la proclamazione di uno sciopero è di per sé motivo della interruzione del normale colloquio di fiducia reciproca, oltre che condotta censurabile a priori”. L’azienda ha quindi chiesto espressamente di trattare esclusivamente con rappresentanti regionali o nazionali “con adeguata esperienza in situazione delicate come quelle relative all’ex ramo di azienda Romi Italia".
“Il futuro del sito produttivo dipende molto, oltre che dalle politiche aziendali e dalle richieste del mercato, dalla disponibilità dei lavoratori - conclude la nota -. La produzione interna non può certo giovarsi di un ostruzionismo sterile e una contrapposizione pretestuosa, legittimata solo da personali interessi di parte”.
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