20 marzo 2025 08:50
Come ogni anno, la società di consulenza milanese Plastic Consult fotografa l'andamento della domanda e offerta delle principali termoplastiche vergini in Italia, pubblicando i dati nello studio multiclient Plastic Trend Synthesis.
La tendenza di medio periodo, pur con alti e bassi, vede un lento declino dei consumi, che trova conferma anche nel 2024. L'anno scorso, infatti, la domanda dei principali polimeri termoplastici vergini si è attestata poco sopra i 5 milioni di tonnellate, sostanzialmente in linea con l'anno precedente (-0,2%), evidenziando una debolezza strutturale ormai diventata cronica. Siamo infatti ben lontani dal picco di 7,15 milioni di tonnellate toccato nel 2007, che difficilmente rivedremo in futuro.
Per capire perché il mercato italiano stenta a decollare e quali prospettive si aprono nel breve periodo, abbiamo sentito il direttore di Plastic Consult, Paolo Arcelli (nella foto in Materioteca).
Partiamo non dallo storico, ma dalla situazione attuale. Cosa ci attende nel prossimo biennio?
Premettendo che è sempre più difficile fare previsioni, per l'incertezza che pervade i mercati, nei prossimi due anni ci aspettiamo di veder confermata una sostanziale stagnazione della domanda di termoplastiche vergini in Italia, con un avvio del 2025 già al di sotto dei livelli, relativamente discreti, registrati in chiusura dell'anno scorso.
Guardando un po' più avanti, ma restando nel breve termine, non prevediamo cambiamenti strutturali nello scenario, sebbene alcuni fattori macroeconomici - come i tassi di interesse - siano in corso di riallineamento; restano, infatti, molte incertezze sul fronte geopolitico.
Le aspettative di una ripresa dell'economia continentale nel 2026 potrebbero portare a un lieve recupero dei consumi di materie plastiche, ma ritengo non superiore a un punto percentuale.
Su quali elementi basate queste stime?
Ci sono due grandi macroaree che esercitano un influsso sulla domanda di termoplastiche vergini.
Un primo cluster è rappresentato da fattori, tipicamente macroeconomici, che possono essere considerati transitori, come l'andamento dell'inflazione, i tassi di interesse fissati dalla BCE, la crisi della logistica internazionale, i costi energetici e gli effetti della politica commerciale "America First" della nuova amministrazione Trump.
Alcune di queste criticità sono in via di miglioramento, come l'inflazione, che quest'anno dovrebbe stabilizzarsi o addirittura scendere leggermente, e i tassi di interesse, che secondo gli analisti dovrebbero diminuire fino ad attestarsi intorno al 2,25%.
Ci sono però aspetti che destano preoccupazione: dopo la riduzione registrata nel 2024, i costi energetici sono tornati a salire all'inizio di quest'anno, con il prezzo unico dell'energia elettrica (PUN) che ha superato, a livello nazionale, i 150 €/MWh a metà febbraio. E all'orizzonte si staglia una guerra commerciale con gli Stati Uniti a base di dazi, che potrebbe colpire pesantemente le nostre esportazioni.
Un secondo cluster è rappresentato da fattori che possono essere considerati strutturali o quanto meno persistenti, come ad esempio la progressiva contrazione della produzione industriale nell’Eurozona, causata da una perdita di competitività a livello globale per i più elevati costi rispetto ad altre aree geografiche.
Scendendo più in dettaglio nel nostro settore, assistiamo a una diffusa perdita di competitività nelle attività di trasformazione. In alcuni settori, tra cui l’estrusione di film 'entry level' e standardizzati, possiamo parlare di una crisi strutturale, senza soluzioni nel breve e medio termine. Tuttavia, le piccole e medie imprese italiane hanno mostrato - e continuano a mostrare - un'alta resilienza, adattandosi rapidamente ai cambiamenti delle condizioni di mercato.
C'è poi un tema legato alle crescenti importazioni di polimero vergine, a minor costo, da impianti extra UE, causata dalla perdita di competitività della petrolchimica europea; import che per alcuni polimeri ha già superato nel 2024 il 50% del fabbisogno interno, peraltro aiutando le imprese nazionali a mantenere sotto controllo i costi.
Un altro fattore che penalizza i consumi di plastiche, anche questo strutturale, è la sostituzione dei vergini con i riciclati, i cui consumi sono aumentati del 20% tra il 2017 e il 2023, attestandosi a oltre 1,3 milioni di tonnellate.
Infine, pesa sul settore l'iper-regolamentazione a livello nazionale e comunitario: imposizioni come la plastic tax (in Italia rinviata a luglio 2026), o i vincoli imposti dalla direttiva SUP e dal Regolamento Imballaggi (PPWR), stanno portando a un aumento dei costi per le imprese, creando ulteriori difficoltà soprattutto nel settore degli imballaggi, che consuma circa la metà dei polimeri vergini trasformati nel nostro paese.
Torniamo per un momento all'anno scorso. In termini di volume, il consumo di termoplastiche vergini è rimasto sui livelli del 2023. Ci sono state variazioni nella distribuzione dei polimeri o nelle applicazioni finali?Se guardiamo l'intero anno, la distribuzione dei consumi tra le principali applicazioni nel 2024 ha visto l'imballaggio in leggera ripresa, mentre il comparto dei trasporti ha proseguito nel trend discendente (peggiorato nella seconda parte dell'anno), sostenuto solo in parte dall'esportazione di componentistica e dalla ricambistica.
Edilizia e costruzioni, mobile e arredamento, elettrodomestici hanno visto erodersi progressivamente le quote. Viceversa, l'agricoltura ha mostrato segni di ripresa, seppur minimi.
Verso la fine dell'anno, si è registrato un discreto andamento dei consumi di termoplastiche vergini, con una tendenza tuttavia differenziata tra polimeri e applicazioni. A macchia di leopardo, una serie di materie plastiche - tra cui LDPE, LLDPE, HDPE, PP e alcuni tecnopolimeri - hanno recuperato i volumi persi nel 2023, evidenziando anche una leggera crescita nei volumi.
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