25 settembre 2024 08:58
L'effetto, entrando nel grande capannone che ospita il reparto di selezione imballaggi, è di trovarsi all'interno di un'incisione di Escher, quelle costruzioni impossibili fatte di scale che s'intersecano, senza che si capisca bene dove portino; solo che al posto delle scale ci sono nastri che trasportano incessantemente bottiglie, vaschette, imballi di snack, film da imballaggio e tutto quello che resta dei nostri riti quotidiani.
Eppure, l'impianto di selezione Circular Plastic di Iren a Borgaro Torinese non è il primo che visito, ma è senza dubbio il più grande e anche il più complesso: conta infatti 130 nastri trasportatori che si estendono per 2,5 km e 22 selettori ottici in grado di riconoscere e suddividere 17 diverse frazioni, per polimero e colore, al ritmo di 16 tonnellate l'ora, ovvero 100mila tonnellate l'anno.
L'occasione per visitarlo ci è stata offerta da un evento internazionale organizzato da Stadler, società tedesca specializzata nella fornitura di impianti di selezione chiavi in mano, al quale hanno partecipato clienti e giornalisti del settore. Motivo di orgoglio per l'Italia, considerando che - essendo stato inaugurato lo scorso aprile (leggi articolo) - l'impianto torinese non è solo il più grande in Europa, ma è anche il più avanzato dal punto di vista tecnologico.
I 22 selettori AutoSort forniti da Tomra sono infatti in grado di separare, partendo da un flusso indistinto di rifiuti da imballaggio in plastica e alluminio, ben 17 frazioni destinate al riciclo, con una resa vicina all'80% del materiale in ingresso, e una purezza che può arrivare al 98% dopo il vaglio manuale. Così, per esempio, le bottiglie in PET vengono separate anche per colore - grazie a un doppio passaggio al selettore ottico - e una frazione in uscita dall'impianto è dedicata alle vaschette in PET, che possono così trovare un riciclo di qualità, in ottica di closed-loop.
RECUPERO DEL FINE. Una caratteristica interessante dell'impianto torinese è il recupero del materiale fine, generalmente destinato a termovalorizzazione o cementificio.
Su una linea dedicata, i materiali di piccola pezzatura passano in un separatore magnetico e in uno a correnti indotte, così da estrarre tutto il materiale ferroso e l’alluminio, quindi vengono ulteriormente sottoposti a vaglio rotante e a due separatori ottici per recuperare e destinare a riciclo anche le frazioni di ridotte dimensioni come le chiusure delle bottiglie e altri materiali valorizzabili.
SOLUZIONI DIGITALI. Nel corso dell'evento, il costruttore tedesco ha presentato il nuovo programma di soluzioni digitali StadlerConnect volto a migliorare le prestazioni degli impianti in termini di riduzione dei fermi dovuti al sovraccarico dei nastri, o all'usura dei componenti, utilizzando a questo scopo algoritmi di manutenzione predittiva basati su sensori di vibrazione posti nei punti critici della linea, come i motori, che rilevano potenziali malfunzionamenti in tempo reale. Tra le funzioni del pacchetto Connect ci sono anche l'analisi con sensori NIR della composizione dei rifiuti, prima della pressatura in balle, che sfrutta l'intelligenza artificiale e una reportistica avanzata che consente di analizzare e ottimizzare il funzionamento dell'intero processo.
SCENDENDO IN DETTAGLIO. Nell’impianto Circular Plastic i rifiuti in ingresso vengono separati con un vaglio rotante, fornito da Stadler, in tre flussi: materiale ingombrante, medio e fine. Il primo passa al separatore balistico che seleziona il film e manda il resto al vaglio manuale.
Del recupero del rifiuto fine abbiamo detto. Il materiale di pezzatura media viene avviato a due linee, ciascuna dotata di un separatore balistico Stadler, così da suddividere i rifiuti 2D da quelli 3D (film da contenitori rigidi).
Il flessibile viene avviato a una linea dedicata, dove 6 selettori ottici separano le diverse tipologie di film per materiale: polipropilene, polietilene e biopolimeri.
Il flusso 3D viene depurato dai residui ferrosi, attraverso un separatore magnetico, e poi trattato su una linea dedicata con separatori ottici che suddividono le diverse frazioni di PET: chiaro, blu, colorato, opaco e vaschette. In parallelo, vengono separate su una linea dedicata le frazioni di HDPE, polistirene e polipropilene. Infine, dal materiale residuo delle due linee 3D viene ulteriormente estratto l’alluminio.
Per minimizzare la quantità di scarti potenzialmente valorizzabili, sfuggiti alla selezione, tutti i materiali residui vengono sottoposti a un'ulteriore separazione ottica; quelli che passano l'esame, vengono reintrodotti nella linea di selezione del 3D. Questa, oltre ai selettori ottici, include un sistema fora bottiglie, un separatore balistico e un sistema di dosaggio per garantire il miglior ricircolo del materiale.
LO STATO DELL'ARTE. Pur non avendo ancora implementato pienamente il sistema StadlerConnect, l’impianto torinese è tecnologicamente avanzato. Un sistema di celle di carico controlla la quantità di rifiuti in ingresso e i materiali selezionati stoccati nei bunker, pronti per la pressatura in balla.
Un pannello mobile, permette agli operatori di gestire localmente gli avviamenti delle singole macchine, facilitando le operazioni di manutenzione.
Inoltre, speciali sensori di rilevamento, installati sui motori, forniscono dati utili alla manutenzione preventiva delle attrezzature. Infine, tutti i dati raccolti sono gestiti e accessibili anche da remoto tramite un software dedicato che monitora e registra più di 1.000 segnali contemporaneamente per generare report periodici sull’andamento dell’impianto e sulle operazioni di manutenzione.
La complessità e l'elevata capacità dell'impianto hanno messo alla prova i tecnici Stadler. "Durante la fase di progettazione, abbiamo dovuto studiare come ottimizzare lo spazio per assemblare tutte le macchine nell'edificio, garantendo le manutenzioni e i futuri ampliamenti - spiega Paolo Cravedi, Senior Project Manager dell'azienda tedesca -. Un'altra sfida è stata coordinare più di 100 lavoratori provenienti da oltre 20 aziende per assemblare l'impianto e tutti i sistemi ausiliari". "Infine - conclude Cravedi -, una volta completato il montaggio, dovevamo garantire che l’impianto potesse lavorare l’elevato flusso di materiale, senza blocchi del materiale o fermi dell’impianto, garantendo sempre l'elevato livello di quantità e purezza di tutti i prodotti in uscita".
L'impianto, costato 48 milioni di euro - 22 milioni solo per le attrezzature - occupa una quarantina di addetti che lavorano su due turni. Si estende su un’area di 77mila metri quadrati e serve i principali consorzi di filiera del riciclo delle plastiche quali Corepla, Coripet e Conip.
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