20 maggio 2022 08:55
Assobioplastiche e il Consorzio Biorepack hanno reagito alla campagna di Greenpeace Italia "Altro che compost" (leggi articolo) attraverso una pagina acquistata sul quotidiano finanziario Sole 24 Ore.
Nel comunicato, si definisce l'indagine condotta dall'associazione ambientalista "parziale e superficiale", realizzata "sfruttando le dichiarazioni di alcuni accademici e operatori del riciclo". Un approccio pregiudiziale - affermano i firmatari - testimoniato dal mancato coinvolgimento, nell'inchiesta, degli attori fondamentali, ovvero delle stesse Assobioplastiche e Biorepack.
Per quanto concerne i singoli punti toccati dall'inchiesta di GreenPeace, l'asserita incapacità degli impianti di trattare efficacemente i materiali in plastica compostabile, viene confutata citando il CIC (Consorzio Italiano Compostatori), secondo il quale gli impianti di riciclo organico che non trattano le bioplastiche rappresentano "poche eccezioni, dovute a particolari sistemi di pretrattamento".
Inoltre, sempre secondo il consorzio compostatori "la quasi totalità degli impianti accetta e gestisce senza alcun problema la presenza di manufatti in plastica compostabile nel flusso di organico conferito, sia nel caso di processi biologicidi solo compostaggio, sia nei processi integrati di digestione/compostaggio". Dichiarazione tesa a confutare l'affermazione di Greenpeace Italia che "il 63% della frazione organica è inviata in impianti (anaerobici) che difficilmente riescono a degradare la plastica compostabile conferita in questa filiera".
Assobioplastiche e Biorepack riaffermano inoltre la validità delle certificazioni su biodegradabilità e compostabilità, messa in dubbio da Greenpeace in quanto ritenuta poco aderente alle condizioni reali in cui operano gli impianti.
"Piuttosto che fare una crociata contro le bioplastiche - così si chiude il comunicato - occupiamoci di capire cosa dà veramente fastidio al compost e ai processi per produrlo e lavoriamo per risolvere le eventuali criticità che esistono negli impianti, causate dalla presenza di materiali non compostabili nel rifiuto umido".
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Non è che stiamo accettando passivamente tutto ciò che accade come se fosse la normalità? Se lo chiede il Consorzio C.A.R.P.I. a proposito delle sfide per l'industria italiana del riciclo.