30 aprile 2019 08:58
Premesso che secondo la norma UNI EN 13432, la biodegradabilità e compostabilità dei manufatti in bioplastica è validata in condizioni controllate di compostaggio industriale e che sacchetti o altri prodotti non devono mai essere abbandonati in ambiente, il test condotto dall’Università di Plymouth mostra che il semplice concetto di biodegradabilità non è sufficiente a risolvere il problema della dispersione dei rifiuti in ambiente, anche se la compostabilità offre qualche garanzia in più.
I ricercatori hanno analizzato cinque tipologie diverse di shopper (biodegradabile, compostabile, convenzionale e due oxodegradabili) acquistati in supermercati britannici, dopo averli esposti per tre anni nell’ambiente naturale, come se fossero stati abbandonati: all’aria, nel terreno e in mare. Al termine del periodo, come mostrato dal video qui sotto, alcuni sacchetti erano ancora integri e in grado di trasportare la spesa.
I sacchetti sono stati monitorati costantemente e il deterioramento è stato valutato in termini di integrità visibile, resistenza alla trazione, texture superficiale e composizione chimica.
Il comportamento, però, è risultato diverso in funzione del materiale utilizzato. Dopo nove mesi all’aria aperta, tutti i sacchetti si sono disintegrati, trasformandosi in frammenti. I sacchetti biodegradabili, oxodegradabili e quelli in plastica tradizionale (polietilene) sono rimasti integri e in grado di trasportare carichi anche dopo tre anni di permanenza in suolo o in mare.
I sacchetti per la spesa biodegradabili e compostabili - come quelli obbligatori nel nostro paese - si sono completamente decomposti dopo tre mesi in mare (anche se non è stata studiata l’effettiva biodegradazione), ma erano ancora visibili - pur deteriorati e non più in grado di essere utilizzati - dopo 27 mesi sotto terra.
La ricercatrice Imogen Napper, che ha condotto lo studio come parte del suo dottorato di ricerca, si è dichiarata sorpresa dei risultati: "Dopo tre anni, sono rimasta davvero stupita che alcuni sacchetti potessero ancora contenere un carico di spesa, in modo particolare la borsa marchiata come biodegradabile. Quando si vede qualcosa etichettato in quel modo, si presume che si degraderà più rapidamente rispetto alle borse convenzionali. Ma, dopo tre anni, le nostre ricerche dimostrano che potrebbe non essere così”.
In realtà, il concetto stesso di biodegradabilità - se non riferito a condizioni specifiche e tempistiche definite - da solo ha poco senso. Per questa ragione la norma UNI EN 13432 sulla biodegradabilità e compostabilità degli imballaggi impone precise condizioni ambientali (compostaggio industriale), livelli minimi di biodegradazione (90%) e un tempo massimo (90 giorni).
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Lucy Plast ridisegna la circolarità degli imballaggi secondari puntando su servizi di recupero e gestione del fine vita.