6 novembre 2018 12:20
All’apertura degli Stati Generali della Green Economy, da oggi alla fiera Ecomondo di Rimini, gli imprenditori della circular economy aderenti all’associazione Fise Unicircular hanno inscenato una protesta, srotolando sul tavolo dei relatori lo striscione “Senza End of Waste…l’economia circolare è una bufala”.
Per spiegare le ragioni del malcontento, i manifestanti in giacca e cravatta hanno consegnato al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, intervenuto ai lavori, una lettera in cui si denuncia l’attuale situazione di impasse vissuta dal mondo del riciclo a causa dell’assenza dei Decreti End of Waste in diverse filiere del riciclo (su tutte rifiuti elettrici ed elettronici e inerti) e di una sentenza del Consiglio di Stato che ha reso impossibile il rilascio di autorizzazioni dalle autorità territoriali competenti (Regione o Provincia delegata).
Secondo l’associazione, in queste condizioni, gli impianti del riciclo nazionale sono destinati a chiudere in breve tempo. “Non si possono riciclare grandi flussi di rifiuti come ad esempio le macerie degli edifici o gli pneumatici a fine vita, non si possono ottenere materie prime critiche dai rifiuti tecnologici (RAEE), non si possono riutilizzare i residui di molteplici processi industriali - si legge in una nota diffusa da Fise Unicircular -. Perchè le attività delle imprese di riciclo sono a rischio fermo ed il sistema virtuoso del riciclo rifiuti rischia di essere bloccato con enormi danni ambientali ed economici”.
Ad oggi - sostiene l’associazione - solo per vetro, metalli, combustibile da rifiuti e fresato d’asfalto sono state decise le regole europee o nazionali che consentono la trasformazione da rifiuto a risorsa. Per le altre tipologie di rifiuto, restano solo due alternative: o i riciclatori hanno la “fortuna” di poter ricorrere, provvisoriamente, ad un decreto che risale al 1998 ed è stato aggiornato una sola volta, e che risulta quindi incompleto o quanto meno obsoleto (perché non comprende tutti i rifiuti, tutti i processi di riciclo in linea con le moderne tecnologie e tutte le possibili risorse ottenibili dai rifiuti); oppure gli impianti di riciclo devono ottenere una specifica autorizzazione rilasciata “caso per caso” dalle autorità territoriali competenti (Regione o Provincia delegata), al termine di lunghe, onerose e doverose procedure in cui si valutano gli impatti ambientali complessivi. Purtroppo - aggiunge Fise Unicircular -, una sentenza del Consiglio di Stato del febbraio scorso ha reso di fatto inattuabile il secondo tipo di procedura, causando il blocco graduale di centinaia di impianti.
Per uscire dal vicolo cieco, è necessaria una modifica del Testo unico ambientale (D.lgs. 152 del 2006) che, in assenza degli auspicati decreti, consenta alle autorità territoriali di rinnovare a scadenza le autorizzazioni esistenti e di rilasciarne di nuove.
Secondo l’associazione della della circular economy, le aziende italiane del riciclo trattano ogni anno 56,5 milioni di tonnellate di rifiuti (escludendo i rifiuti da costruzione e demolizione), pari al 49% di tutti i rifiuti gestiti in Italia. Il valore aggiunto ammonta a oltre 12,6 miliardi di euro mentre l’occupazione sfiora le 135.000 unità.
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