12 giugno 2018 11:19
L’inquinamento di oceani e mari da rifiuti plastici ha trovato spazio anche nell’agenda del G7 tenutosi nei giorni scorsi a Charlevoix, in Canada, segnale inequivocabile del risvolto mediatico che questo tema si è ormai conquistato a livello globale. Nel comunicato congiunto diramato al termine dei lavori, che non porta però le firme di Stati Uniti e Giappone, un intero capitolo è dedicato agli aspetti ambientali e un allegato al solo marine litter (Ocean Plastics Charter).
Nel documento, i cinque grandi (Canada, Francia, Germania, Italia e Regno Unito, con il supporto della UE) concordano nel ritenere che le materie plastiche rivestano un ruolo importante nell’economia e nella vita quotidiana, ma - non di meno - che l’attuale approccio alla produzione, utilizzo, gestione e smaltimento rappresenti una minaccia per l’ambiente marino, i mezzi di sostentamento e, potenzialmente, anche per la salute umana.
Nel G7 Ocean Plastics Charter questi temi vengono ulteriormente approfonditi e articolati in cinque punti (con relativi obiettivi o intenzioni) dedicati rispettivamente a: ecodesign, produzione sostenibile e riutilizzo; raccolta e gestione dei rifiuti; stili di vita sostenibili ed educazione ambientale; ricerca, innovazione e nuove tecnologie; interventi a livello costiero.
Per quanto concerne gli obiettivi, nel documento vengono indicati alcuni impegni al 2030, tra cui arrivare a rendere riutilizzabili, riciclabili o, laddove non esistano alternative valide, recuperabili tutti gli articoli in plastica, riducendo in modo significativo l’uso non necessario delle materie plastiche monouso e incentivando gli appalti pubblici verdi per dare nuova vita alle plastiche riciclate e spingere i materiali alternativi.
Sempre collaborando con l’industria, un altro obiettivo è portare al 50% il contenuto di materiale riciclato nei prodotti in plastica, dove possibile. Viene invece anticipato al 2020 l’impegno a ridurre quanto più possibile l’uso di microsfere di plastica nei prodotti cosmetici e per la cura della persona, e affrontare il problema delle altre fonti di microplastiche, potenziali inquinanti dell’ambiente marino.
Per quanto concerne la gestione dei rifiuti, gli impegni comprendono il riciclo e il riuso di almeno il 55% degli imballaggi in plastica entro il 2030 e la raccolta del 100% di tutte le plastiche entro il 2040, mentre per evitare la dispersione in mare andrebbe potenziata la capacità di gestire i rifiuti plastici a livello domestico favorendone raccolta, riutilizzo, riciclo, recupero e smaltimento ecocompatibile.
All’industria si chiede di affrontare il problema a livello di filiera, per prevenire perdite e dispersioni in fase di produzione, trasporto e stoccaggio.
Tra gli interventi auspicati dai cinque grandi ci sono anche misure volte a catalizzare gli investimenti per affrontare il problema dei rifiuti marini in zone difficili, attraverso finanziamenti pubblici e privati e lo sviluppo di infrastrutture per la gestione di rifiuti e acque reflue, soluzioni innovative e pulizia delle coste.
Per quanto concerne l’informazione e all’educazione dei cittadini, vengono indicati sistemi di etichettatura, soprattutto degli imballaggi; condivisione di conoscenze a livello industriale, favorendo consorzi e alleanze; sostegno al ruolo delle donne e dei giovani nella promozione di modelli di consumo e produzione più sostenibili; sviluppo di piattaforme per la diffusione di informazioni al fine di prevenire e ridurre la creazione di rifiuti plastici.
Infine, sul fronte della ricerca, innovazione e nuove tecnologie, l’impegno riguarda essenzialmente lo sviluppo di materiali e soluzioni alternative capaci di abbbattere l’impatto delle plastiche nell’ambiente, riducendone l’uso ed eliminando quelle potenzialmente più dannose come le microplastiche.
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Alcune riflessioni del Consorzio Carpi sulle politiche ambientali che si sono susseguite negli ultimi anni con differenti Governi.
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