7 novembre 2017 08:42
Oltre 150 tra aziende, associazioni e organizzazioni non profit hanno firmato un documento che chiede la messa al bando a livello mondiale degli imballaggi prodotti con plastiche oxo-degradabili, compresi i sacchetti per la spesa, rispondendo all’appello lanciato dalla Ellen MacArthur Foundation nell’ambito del programma New Plastics Economy.
Tra i firmatari BASF, Borealis, Novamont, M&S, PepsiCo, Unilever, Veolia, EuPC, European Bioplastics, Gulf Petrochemicals and Chemicals Association, Plastics Recyclers Europe, Petcore, World Wildlife Fund (WWF), Greenpeace, oltre a dieci parlamentari europei, tra cui spicca l’italiana Simona Bonafè.
LE RAGIONI DEL BANDO. Proposti come alternativa economica alle bioplastiche, gli additivi oxodegradabili vengono aggiunti alle normali materie plastiche con l’obiettivo di favorire, in determinate condizioni ambientali, la rottura delle lunghe catene molecolari e quindi una più rapida frammentazione dei manufatti plastici, anche se non portano ad una completa biodegradazione (acqua e CO2) in tempi brevi, richiedendo un periodo che può variare da qualche mese a qualche anno. Ciò favorirebbe - secondo i firmatari dell’appello - una proliferazione di micro frammenti plastici che contribuiscono all’inquinamento degli oceani.
Inoltre, le plastiche additivate con gli oxo, non consentono un riutilizzo dei materiali nell’ambito dell’economia circolare, non essendo compatibili con il riciclo meccanico o il compostaggio.
“L’utilizzo di additivi oxodegradabili non è una soluzione per i rifiuti - afferma Erin Simon, responsabile Ricerca e sviluppo sostenibile del World Wildlife Fund (WWF) -. Il loro utilizzo nei sistemi di gestione rifiuti potrebbe comportare effetti negativi per l’ambiente e la società. Quando la politica sostiene l’utilizzo in cascata dei materiali, ciò rafforza l'economia e spinge verso lo sviluppo di sistemi di gestione dei materiali più intelligenti”.
POPOLARI IN ITALIA. Gli additivi oxodegradabili hanno avuto uno sprazzo di grande popolarità anche in Italia, per la produzione dei sacchetti per la spesa, prima che una legge specificasse che gli shopper, per essere messi in commercio come biodegradabili, dovessero rispondere ai criteri di compostabilità previsti dalla norma EN 13432 (compostabilità entro sei mesi). Le plastiche biodegradabili sono vietate in Francia dal 2015, ma vengono ancora prodotte e utilizzate in numerosi paesi del Medio Oriente e in Africa.
In allegato il testo della petizione con i firmatari
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Lucy Plast ridisegna la circolarità degli imballaggi secondari puntando su servizi di recupero e gestione del fine vita.