5 ottobre 2017 11:26
A nove anni dalla pubblicazione del Regolamento UE 282/2008 che fissa i requisiti per l’utilizzo delle plastiche riciclate negli imballaggi a contatto con alimenti, non sono state ancora rilasciate dalla Commissione europea le autorizzazioni agli impianti di rigenerazione, attestanti la sicurezza dei processi adottati, nonostante l’Agenzia per la sicurezza alimentare (EFSA) abbia già fornito 140 pareri scientifici positivi al loro impiego dopo aver attentamente valutato i dossier.
La denuncia giunge dalle principali associazioni europee del settore: Plastics Recyclers Europe (PRE), EuPC (trasformatori), Petcore Europe (imballaggi in PET) ed EFBW (produttori acque minerali in bottiglia), che invitano la Commissione a pronunciarsi al più presto al fine di garantire un’armonizzazione delle regole nei paesi membri, senza la quale i riciclatori e gli utilizzatori di plastiche riciclate per packaging si trovano in una situazione di grave incertezza normativa.
Secondo Casper van den Dungen, responsabile in PRE del gruppo di lavoro sul PET, le aziende europee avrebbero già investito 500 milioni di euro in impianti per trasformare in sicurezza plastiche da riciclo in materiali adatti per l’imballaggio alimentare e altre applicazioni a contatto con alimenti, tanto che nel 2014 oltre la metà del PET riciclato in Europa è stato utilizzato in questo campo. “Gli operatori europei si trovano ancora, sotto il profilo normativo, in una ‘terra di nessuno’ causata da anni di ritardo nel rilascio delle autorizzazioni - nota con disappunto van den Dungen -. Questa incertezza causa un declino degli investimenti e, più grave ancora, una diffidenza verso la regolamentazione sui materiali a contatto con alimenti”.
Una maggiore trasparenza è chiesta anche Christian Crépet, direttore di Petcore Europe, associazione che rappresenta a Bruxelles la filiera degli imballaggi in PET: “Sebbene il PET sia uno dei polimeri più rigenerati, l’assenza di regole riduce la visibilità sul mercato del polimero riciclato. Ciò influenza negativamente tutta la filiera, dalla produzione del polimero vergine giù fino alla gestione dei rifiuti”. Secondo Crépet, gli investimenti diminuiscono, mentre il riciclo ‘bottle-to-bottle’ dovrebbe essere agevolato.
Polemico sulla lentezza burocratica della Commissione anche il direttore di EuPC, Alexandre Dangis: “Per attuare la l’economia circolare reale nell’Unione europea, chiediamo alla Commissione di sbloccare urgentemente la situazione. L’industria deve rimanere competitiva a livello mondiale; centinaia di aziende in Europa hanno fatto investimenti significativi per adeguarsi alla normativa comunitaria”.
Secondo il Regolamento UE 282/2008, per poter essere utilizzato in applicazioni a diretto contatto con alimenti, il PET riciclato deve essere accompagnato da una specifica autorizzazione rilasciata dalla Commissione Europea sulla scorta di un parere redatto dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), chiamata a valutare l'efficacia di ogni singolo impianto di riciclo meccanico sotto il profilo della sicurezza dei processi.
I primi pareri scientifici sono stati rilasciati da EFSA nel 2012, dopo aver valutato la rispondenza ai severi requisiti imposti dalla normativa. Per ottenere il via libera dell'Agenzia, i produttori di R-PET devono dimostrare che il loro processo è in grado di ridurre i contaminanti chimici a un livello tale da non presentare alcun rischio per la salute umana. Nella sua valutazione, l’EFSA tiene conto della qualità del materiale in entrata, dell’efficienza del processo nella decontaminazione delle plastiche e dell'uso previsto. Occorre inoltre identificare le fasi del processo che sono critiche per garantire una decontaminazione sufficiente e descriverne il funzionamento. Se necessario, l'Agenzia può chiedere ai produttori di modificare gli usi proposti o la proporzione di materiale riciclato al fine di raggiungere la conformità alla metodologia scientifica EFSA.
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