29 agosto 2017 11:39
L’uragano Harvey che si è abbattuto sul Texas il 25 agosto scorso, ritenuto il più distruttivo dell’ultimo decennio, sta mettendo a dura prova l’industria petrolchimica, che nella Costa del Golfo statunitense ha il suo principale centro produttivo. Dopo la tempesta, le forti precipitazioni (50 cm nelle aree più colpite) hanno causato danni ed allagamenti, bloccando la produzione delle raffinerie e dei grandi poli petrolchimici della regione.
Secondo le prime stime, circa il 40% della capacità statunitense di etilene - uno dei principali feedstock per materie plastiche - sarebbe attualmente indisponibile a causa del fermo degli impianti, quota che scende di poco, al 35%, nella filiera clorosoda e PVC. Nel complesso, circa un terzo della capacità chimica USA sarebbe attualmente off-line.
Al momento sono fuori uso anche porti, ferrovie ed altre infrastrutture logistiche.
Ciò potrebbe causare nelle prossime settimane una penuria di carburante, materie prime, intermedi e commodities plastiche in Nord America, con inevitabili riflessi sul fronte dei prezzi, che in un’economia globale e interconnessa si ripercuoteranno sicuramente a livello mondiale.
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