28 aprile 2017 08:38
Nel corso di una audizione alla Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, tenutasi mercoledì scorso alla Camera, Marco Versari di Assobioplastiche ha portato all’attenzione dei commissari tre criticità che, a suo dire, penalizzano la filiera delle bioplastiche: la diffusione di shopper monouso non conformi alla normativa, che impone l’utilizzo di plastiche compostabili; il fenomeno dei sacchetti per l’umido in polietilene - o comunque in plastica non compostabile - acquistati da alcune amministrazioni locali, anche fuori bando; e l’inserimento dei manufatti in bioplastiche - ad eccezione dei sacchetti - nella fascia non agevolata nell’ambito della diversificazione contributiva per gli imballaggi in plastica, che entrerà in vigore in via sperimentale nel mese di maggio (leggi articolo).
Quest’ultimo punto, all’apparenza marginale rispetto ai primi due, ha risvegliato il malcontento dei produttori di manufatti in bioplastica, che da tempo chiedono un circuito dedicato, con un contributo ambientale adeguato (ma non un consorzio separato), per i rifiuti in plastica compostabile; rifiuti che finiscono la loro vita negli impianti di compostaggio e non in quelli di riciclo meccanico delle plastiche.
A dispetto di ciò - segnala Assobioplastiche - nella Guida tecnica al contributo differenziato gli shoppers monouso sono finiti nella fascia B - imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito “Domestico” con agevolazione ridotta - e le stoviglie monouso (indipendentemente dalla plastica utilizzata) addirittura nella fascia più bassa, la C, insieme agli imballaggi che presentano maggiori difficoltà nella gestione del fine vita, indipendentemente dal loro circuito di destinazione, e che non saranno quindi soggetti ad agevolazioni (e che qualcuno prevede saranno in futuro penalizzati per bilanciare i minori oneri pagati dai rifiuti nelle due fasce superiori).
Il problema va oltre il CAC differenziato e coinvolge, più in generale, il sistema di tariffazione Conai, che non considera il fine vita, ma solo la grande famiglia dei materiali che costituiscono l’imballaggio (plastica, carta, alluminio ecc.), evitando deliberatamente ogni differenziazione all’interno dei consorzi di filiera. “E’ irragionevole che due prodotti simili, destinati allo stesso fine vita, il compostaggio industriale, siano tassati in modo molto diverso, come nel caso delle stoviglie monouso compostabili - nota il presidente di Assobioplastiche Marco Versari -: quelle prodotte in polpa di cellulosa pagano un Contributo Ambientale Conai (CAC) di 4 euro a tonnellata, mentre se sono in bioplastica il contributo schizza a 188 euro, con il rischio che la differenziazione possa portare il contributo ad oltre 200 euro”.
Il malcontento espresso da Assobioplastiche è stato raccolto dalla senatrice del Movimento 5 Stelle, Paola Nugnes (membro della Commissione rifiuti e di quella ambiente della Camera) che in un comunicato definisce “un fatto gravissimo” il fatto che il compostaggio non venga valutato al pari del riciclo. “Si passerà dagli attuali 188 euro a tonnellata di contributo a un aggravio di circa 200 euro - afferma la senatrice - e tutto il settore delle bioplastiche si troverà in grande difficoltà. Per questa ragione chiederemo in Bicamerale l’audizione del Conai per avere contezza di questi maggiori costi”.
“C’è molta confusione e commistione nel settore delle plastiche e delle bioplastiche e difficoltà anche per il consumatore ad avere contezza del giusto modo in cui smaltire le une e le altre ed il continuo pericolo che plastiche in polietilene finiscano nella raccolta dell’umido - aggiunge la Nugnes -. Sono necessari provvedimenti anche legislativi al fine si fare chiarezza. Il Movimento 5 Stelle ha già presentato una proposta di legge alla Camera a prima firma Mannino per vietare come già in Francia avviene, in manier definitiva il monouso non biodegradabile. Ne presenteremo a breve una anche al Senato”.
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