21 novembre 2016 08:28
Incuriositi dal casco moto con grafene annunciato da Momodesign, al cui sviluppo ha collaborato l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), abbiamo sentito il direttore dei Graphene Labs, Vittorio Pellegrini, e dal casco il discorso è presto passato alle opportunità del grafene e degli altri materiali bidimensionali per l’industria delle materie plastiche.
Avete sviluppato insieme a Momodesign un materiale per caschi che promette prestazioni eccezionali. Di cosa si tratta esattamente?
Il grafene viene impiegato nella formulazione del rivestimento a spruzzo che fa da substrato per la verniciatura della calotta esterna in ABS o in composito di fibra di vetro, per migliorare il comfort del motociclista, grazie alle proprietà di conducibilità termica del materiale. La tecnologia che abbiamo sviluppato, in corso di brevetto, consente di integrare i fogli di grafene all’interno del rivestimento.
Quali proprietà sono state migliorate?
Con l’aggiunta di una quantità molto bassa di grafene, circa l’1%, siamo riusciti ad aumentare del 40% la dissipazione del calore della calotta, con conseguente miglioramento del comfort termico. Ma abbiamo riscontrato benefici anche in termini di resistenza meccanica alle temperature estreme (ma possibili) in cui vengono certificati i caschi, -20°C e + 50°C, dove il rivestimento in grafene protegge il materiale delle calotte, contenendo il calo prestazionale, in termini di assorbimento di energia cinetica, dovuto all’effetto termico (rammollimento o infragilimento). Il progetto, in realtà è più complesso: stiamo anche lavorando alla calotta interna del casco, in questo caso additivando il polistirene con grafene per ridurre lo spessore del componente senza pregiudicare la sicurezza. Si tratta di un progetto innovativo che potrà rivoluzionare dimensioni e forma dei caschi.
Momodesign punta a produrre già l’anno prossimo tremila pezzi: una tiratura limitata legata ai costi o alla disponibilità di grafene?
Entrambi. Oggi non è tecnicamente possibile produrre su scala industriale grafene puro, ovvero il singolo strato dello spessore di un singolo atomo, in quanto non è stata ancora sviluppata una tecnologia adeguata. Il grafene puro, bidimensionale, si ottiene oggi in laboratorio, con volumi molto contenuti ed a costi molto elevati. Sono invece disponibili, anche con capacità di centinaia di tonnellate annue, pacchetti composti da 20-30 strati di grafene, quindi una sorta di grafite ultrasottile, approssimazione del grafene puro. È un materiale più facile da ottenere e quindi meno costoso, circa un euro al grammo, con una qualità che migliora costantemente. Non è economico, ma bisogna considerare che per migliorare un materiale in modo significativo basta aggiungerne poco, qualche punto percentuale in peso.
C’è anche una via di mezzo, pacchetti con 4-5 fogli di grafene, prodotti oggi sempre in laboratorio tramite un processo di escoriazione della grafite in soluzione, con volumi nell’ordine delle decine di chilogrammi l’anno. Questo materiale viene prodotto da poche realtà nel mondo, tra cui l’Istituto Italiano di Tecnologia in Italia dove abbiamo da poco creato una start-up. La sfida nel mondo del grafene è ottimizzare i processi per produrne maggiori quantità con maggiore purezza e a costi più bassi. Manca ancora la killer application capace di spingere la ricerca industriale, come è stata l’aviazione per l’alluminio.
Il grafene utilizzato per il rivestimento dei caschi in qualche categoria ricade?
È un materiale composto da fogli con spessore variabile da pochi a qualche decina di strati, una soluzione ottimizzata in termini di costo-prestazioni per questa specifica applicazione.
Resistenza, conducibilità elettrica e termica sono molto dipendenti dal numero di strati del pacchetto?
Dipende molto dall’applicazione, ma in genere le prestazioni ottenibili sono legate alla purezza del grafene: per esempio, con quello ultrapuro prodotto in laboratorio è possibile aumentare di oltre il 50% la resistenza meccanica di un componente in materiale plastico con un’additivazione anche solo dell'0,1% in peso del grafene (che agisce come carica). Più il materiale prodotto si ispessisce più alta è la percentuale di carica necessaria per raggiungere prestazioni significative. Non è solo una questione di costo: aumentando la percentuale di carica si possono avere effetti indesiderati su altre proprietà, sul colore o sulla processabilità del materiale.
Quando sarà disponibile grafene puro o altamente performante per usi industriali?
Insieme ad oltre 200 scienziati europei abbiamo formulato una road-map che descrive i prossimi prevedibili passi e riteniamo che la produzione di grafene su scala industriale con i requisiti di purezza e costi compatibili per applicazioni commerciali potrebbe essere disponibile prima del 2020, con un forte impatto sulla tecnologia dei materiali avanzati. Il progresso in questo campo è molto rapido. Ad onor del vero c’è anche qualcuno che ritiene impossibile o poco probabile riuscire ad ottenere grafene puro su scala industriale. La partita è ancora molto aperta.
Poi ci sono gli altri materiali bidimensionali…
Siamo solo all’inizio. Il grafene è il primo - e il più studiato - di una classe di materiali bidimensionali con grandi potenzialità. In natura esistono più di duemila materiali esfoliabili, come la grafite, da cui si potrebbero ricavare strutture bidimensionali, con molteplici proprietà. Circa 500 di questi li sappiamo già esfoliare per tradurli nella loro versione bidimensionale. Il nitruro di boro, per esempio, può conferire ottime proprietà meccaniche ed è un conduttore termico, ma non elettrico. Combinato con il grafene in nuovi cristalli consentirebbe di formulare materiali con proprietà molto mirate su specifiche applicazioni. La nostra start-up è tra le poche al mondo capace già oggi di produrre con lo stesso processo oltre 30 cristalli bidimensionali.
Si avvicina una nuova era per le materie plastiche?
Se il grafene manterrà le promesse, come credo, assisteremo ad una vera e propria rivoluzione nei materiali plastici. Le tecniche per esfoliare la grafite potranno essere applicate a migliaia di materiali, ognuno con proprietà diverse, in termini di isolamento o conduzione termoelettrica, emissione di luce, resistenza e rigidità. Il grafene è l’apripista, il resto verrà dopo e potrà essere entusiasmante.
Vittorio Pellegrini, 47 anni, è Direttore dei Graphene Labs IIT e uno dei soci fondatori della start up Be-Dimensional, specializzata nell’integrazione di cristalli bidimensionali nella manifattura tradizionale e nella realizzazione di nuovi prodotti. In aprile è stato nominato presidente del Comitato Esecutivo di Flagship Grafene, progetto di ricerca europeo finanziato con un miliardo di euro in 10 anni per velocizzare il passaggio del grafene dal laboratorio al ‘supermercato’, al quale partecipano 155 partner di 23 paesi europei.
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