Il fatturato l'anno scorso si è stabilizzato, dopo anni di recessione. Quest'anno potrebbe crescere dell'1,5%.
22 giugno 2015 12:45
Si è tenuta questa mattina a Milano l'Assemblea generale di Federchimica, la federazione dell'industria chimica italiana guidata da Cesare Puccioni. Un'assemblea di transizione, che si lascia alle spalle un periodo nero, ma che sembra non credere ancora del tutto ad una robusta ripresa, nonostante gli inviti, rilanciati anche oggi dal Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, ad abbandonare i timori e guardare con fiducia al futuro. Colpa anche della “falsa partenza” dei primi mesi dell'anno scorso, a cui era seguita una ricaduta che aveva raffreddato gli entusiasmi.
I numeri lasciano pensare che questa volta l'inversione di rotta sia vicina: il fatturato della chimica italiana l'anno scorso si è stabilizzato a 52,3 miliardi di euro (-0,3% sul 2013), dopo anni di continue contrazioni; e quest'anno, secondo il centro studi della Federazione, potrebbe mettere a segno un incremento dell'1,5%.
Non si fermano, invece, le esportazioni, cresciute l'anno scorso dell'1,7% a 25,9 miliardi di euro, mentre a testimoniare la difficile situazione in cui versa il mercato interno, le importazioni hanno subito un'ulteriore flessione dell'1,4%, fermandosi a 34,2 miliardi di euro. Il risultato è un miglioramento del saldo commerciale, cresciuto di quasi un punto, ma ancora negativo per 8,3 miliardi di euro (il deficit era di oltre dieci miliardi nel 2012).
I consumi interni di chimica, invece, mantengono un trend discendente: nel 2104 sono scesi dell'1,8% a 60,6 miliardi di euro, anche se si evidenziano segnali positivi nei primi mesi di quest'anno. In leggera contrazione anche il numero delle imprese - 2.770 contro le 2.800 di un anno prima – e degli addetti, con la perdita di circa 500 posti di lavoro (da 109.900 a 109.400).
La domanda interna di chimica mostra però segnali di risveglio, anche se non ancora estesi a tutti i settori clienti: sta andando bene l’automotive, crescono plastiche e largo consumo, ma sono ancora deboli metalli, mobili e costruzioni.
“Le imprese chimiche in Italia stanno uscendo dalla crisi grazie a specializzazione, innovazione, internazionalizzazione e rafforzamento delle attività più avanzate e di qualità”, ha affermato Puccioni, dopo aver ricordato che il settore ha resistito alla crisi meglio di altri. “Rispetto al 2007, ad esempio, la diminuzione del valore aggiunto nella chimica (-6,5%) è stata ben più contenuta rispetto alla media manifatturiera (-13,6%), soprattutto grazie all’innalzamento del contenuto tecnologico dei prodotti”.
Nel suo intervento, il presidente di Federchimica ha sottolineato i segnali positivi che lasciano ben sperare per il futuro. Aumenta il numero delle medie e grandi aziende, con fatturato superiore ai cento milioni di euro e la quota prodotta all'estero ha raggiunto il 42%, contro il 34% del 2007. “Ciò non ha significato delocalizzazione, anzi, ha rafforzato la presenza in Italia – ha ricordaro Puccioni -. Basti pensare che il 73% delle imprese che producono anche all’estero nel 2014 era già tornato su livelli pre-crisi, anche per le produzioni italiane”.
Non solo: le imprese chimiche italiane a capitale estero valgono il 38% della produzione chimica in Italia e sono quasi 700 (in gran parte piccole e medie) quelle che svolgono attività di ricerca, numero che in Europa ci pone al secondo posto dopo la Germania.
Puccioni ha anche ricordato come le due imprese europee che l'anno scorso hanno depositato più brevetti all'Ufficio europeo di Monaco operino nella chimica: “Vi stupisco dicendo che sono due imprese chimiche italiane a capitale estero, LyondellBaselle e Solvay, che continuano a valorizzare la ricerca italiana”, ha precisato.
“Questi dati - ha proseguito Puccioni - ci dicono che le nostre PMI e tutte le nostre imprese sono realtà produttive di grande qualità, che stanno lottando per uscire dalla crisi e per crescere. La chimica è innovativa, tecnologicamente avanzata, in continua evoluzione ed è capace di attrarre in Italia produzioni di grande peso specifico, anche per tutti i settori a valle”.
Non mancano però i problemi. “I nostri impianti, però, rischiano di chiudere schiacciati dal peso del costo dell’energia, dei ritardi nelle autorizzazioni, dell’incertezza nell’applicazione delle normative – ha ricordato il Presidente di Federchimica -. Difendiamoli prima che sia troppo tardi, cioè prima che le localizzazioni in altri paesi siano state già decise”.
“E’ tempo che si compiano scelte politiche lungimiranti – ha concluso Puccioni -. Liberiamo finalmente l’industria chimica dai vincoli soffocanti e molte volte inutili del Sistema Paese che ostacolano il settore invece di considerarlo strategico per tutto il manifatturiero in Italia, dimostrando di non pensare all’industria di oggi e men che meno a quella di domani”.
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