5 dicembre 2018 10:50
La capacità produttiva di bioplastiche a livello globale, nell’accezione più ampia del termine (biobased o da fossili, biodegradabili e non) ha raggiunto quest’anno 2,1 milioni di tonnellate e salirà ulteriormente a 2,62 milioni di tonnellate entro il 2023.
Sebbene le bioplastiche biobased, ma non biodegradabli, come polietilene verde, bioPET e poliammidi parzialmente da rinnovabili costituiscano oggi il 50% della produzione, pari a circa un milione di tonnellate, i maggiori tassi di crescita sono attesi nel segmento dei polimeri biobased e biodegradabili come acido polilattico (PLA) e poliidrossialcanoati (PHAs), grazie all'entrata in funzione di nuovi impianti produttivi, che - nel caso del PHA - porteranno ad un quadruplicamento dell’attuale capacità produttiva, mentre per il PLA consentiranno di raddoppiare i volumi entro il 2023.
É quanto emerge dal report annuale sul mercato dei biopolimeri presentato oggi a Berlino durante la tredicesima edizione della European Bioplastics Conference, appuntamento annuale dell’associazione dei produttori europei di bioplastiche (European Bioplastics); studio elaborato in collaborazione con la società di consulenza tedesca nova-Institute.
“Il mercato delle bioplastiche a livello globale è stimato un crescita di quasi il 25% nei prossimi cinque anni - si sbilancia Hasso von Pogrell, direttore di European Bioplastics -. Questo trend è reso possibile dall’aumento della domanda di prodotti sostenibili proveniente sia dai consumatori che dai grandi marchi, da una forte politica di supporto alla bioeconomia e dai continui sforzi profusi dall’industria del settore per sviluppare materiali innovativi con proprietà migliorate e nuove funzionalità”.
L'aumento dell’offerta riguarderà anche le plastiche tradizionali, come il polietilene da bioetanolo - con impianti che entreranno in funzione nei prossimi anni anche in Europa - e il PET parzialmente biobased, anche se quest'ultimo non ha mantenuto le promesse. L’attenzione nei poliesteri sembra infatti orientata verso il polietilen-furanoato (PEF), resina biobased alternativa al PET - più performante sotto il profilo prestazionale (resistenza termica e barriera) e ambientale -, che dovrebbe essere prodotta su scala commerciale a partire dal 2023. Nello stesso anno dovrebbe essere disponibile su scala industriale anche il polipropilene biobased, ma non biodegradabile, materiale che promette interessanti sviluppi commerciali.
A livello regionale, l’Asia concentra il 50% della produzione mondiale di bioplastiche, mentre l’Europa vale circa il 20% del totale, percentuale che salirà al 27% nel 2023 anche grazie alle politiche di sostegno varate in alcuni paesi europei, Italia e Francia in testa. Il resto è suddiviso tra Nord America (16%), Sud America (9%) e Australia (1%)
A dispetto delle accuse mosse a questi materiali, lo studio rileva che solo 0,8 milioni di ettari di terreno coltivabile sono attualmente destinati alla produzione di bioplastiche, ovvero meno dello 0,02% di quello disponibile a livello mondiale. Percentuale che non cambierà nei prossimi anni, nemmeno con l'aumento della produzione di biopolimeri, considerati i limitati volumi in gioco.
Per quanto concerne le principali applicazioni dei biopolimeri - rileva lo studio di European Bioplastics -, anche quest’anno l’imballaggio si conferma al primo posto con 1,2 milioni di tonnellate, ovvero il 65% del totale. A distanza seguono le altre applicazioni, come tessuti, beni di consumo, prodotti per agricoltura e orticoltura, componentistica auto.
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