5 dicembre 2017 12:42
Da tempo Novamont lavora sulla biodegradazione in mare delle sue plastiche compostabili Mater-bi, argomento delicato in quanto non si vuole far passare il concetto che i manufatti realizzati con biopolimeri possano essere abbandonati in mare perchè “tanto si decompongono naturalmente”. Ci sono però alcune applicazioni che presentano un elevato rischio di marine littering e che potrebbero beneficiare di materiali in grado di degradarsi in ambiente marino.
A questo proposito, l’azienda novarese ha presentato oggi all’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente di Nairobi, durante l’incontro “Together against marine litter and micro-plastics”, i risultati dei test di biodegradazione marina effettuati sul Mater-bi. Nel corso di prove di laboratorio, supervisionate dall’Istituto Italiano dei Plastici (IIP) e verificate da Certiquality nell’ambito del Programma pilota della Commissione Europea “Environmental Technology Verification” (ETV), alcuni campioni della bioplastica Novamont sono stati esposti a sedimenti marini prelevati dalla zona litoranea, habitat in cui finiscono molti rifiuti plastici. La biodegradazione è stata seguita monitorando la metabolizzazione effettuata dai batteri che “digeriscono” la bioplastica.
Alti livelli di biodegradazione - afferma la società - sono stati raggiunti in tempi relativamente brevi (meno di 1 anno), suggerendo che il Mater-bi possa essere adatto alla realizzazione di oggetti in plastica con alto rischio di dispersione in mare (ad esempio, attrezzi da pesca). In particolare, la biodegradazione dei materiali sottoposti a prova è stata superiore al 90% assoluto o relativo ad un materiale di riferimento, come ad esempio la cellulosa. Quando i prodotti in Mater-bi raggiungono il mare dai fiumi, dalla terra ferma, o dalle imbarcazioni, non “scompaiono” immediatamente - sottolinea l’azienda novarese -. Tuttavia il rischio ambientale causato da un prodotto rilasciato in mare viene diminuito da una biodegradazione veloce che riduce il tempo di permanenza del prodotto introdotto nell’ambiente.
Presentando i risultati, Christophe De Boissoudy di Novamont France ha infatti premesso che: “La misura fondamentale per combattere l’inquinamento marino da plastica rimane la raccolta differenziata e la corretta gestione dei rifiuti a terra e che l’idea di risolvere il problema della dispersione incontrollata delle plastiche con la sostituzione con plastiche biodegradabili è infondata”. “I test di laboratorio - ha poi aggiunto - confermano che l’utilizzo delle plastiche biodegradabili per applicazioni dove il rilascio ambientale è probabile o inevitabile (per esempio l’allevamento delle cozze) si rivela molto promettente per combattere il marine litter”.
I risultati di laboratorio trovano conferma nell’esperimento sul Mater-Bi condotto presso l’Isola d’Elba dai ricercatori Nora-Charlotte Pauli, Jana S. Petermann, Christian Lott e Miriam Weber, il cui esito è stato pubblicato in “Royal Soociety-Open Science: Macrofouling communities and the degradation of plastic bags in the sea: an in situ experiment”. Secondo gli autori, fa sapere Novamont: “L’esperimento ha confermato che in ambiente marino i polimeri biodegradabili come il Mater-bi possono disintegrarsi ad una velocità più elevata dei polimeri in plastica convenzionale. Un risultato da tenere in considerazione nello sviluppo di nuovi materiali, nelle verifiche dei rischi ambientali e nelle strategie di gestione dei rifiuti”.
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Lucy Plast ridisegna la circolarità degli imballaggi secondari puntando su servizi di recupero e gestione del fine vita.